A cura di: Dott. Col. Angelo Jannone – Esperto di compliance e Presidente di Organismi di Vigilanza d.lgs 231
D.ssa Alessandra D’Alessio – Psicoterapeuta resp. Dipartimento di Psicologia Militare e Benessere Centro Interforze Studi Militari
Il decreto legislativo 81/08, ossia il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, obbliga tutti i datori di lavoro ad eseguire una valutazione dei rischi (art.28) di infortuni e malattie professionali.
Si tratta di un passaggio essenziale per definire le misure di contenimento da adottare, le attrezzature da scegliere ed i dispositivi di protezione.
La valutazione deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato.
E’ fuori discussione, dunque, che la valutazione specifica del rischio di stress da lavoro correlato sia un obbligo di tutte leorganizzazioni di lavoro e che richiami a precise responsabilità omissive, in primis quelle figure identificabili quali datori di lavoro.
E che il tema riguardi anche i militari e le forze dell’ordine, anzi soprattutto loro, lo si evince inequivocabilmente dalla Circolare – prot. 15/SEGR/0023692 del 18.11.2010 – della Direzione Generale della tutela condizioni di lavoro, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (G.U.R.I. n° 304 del 30/12/2010) che indica i parametri su cui impostare la valutazione del rischio da stress lavorativo. Tale circolare vede infatti tra i suoi destinatari anche i Ministeri dell’Interno e della Difesa.
Ma cos’è lo stress da lavoro correlato? A fornircene unaindicazione normativa sono due fonti autorevoli: l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (European Agency for Safety and Health at Work) per la quale : “lo stress lavoro correlato viene esperito nel momento in cui le richieste provenienti dall’ambiente lavorativo eccedono le capacità dell’individuo nel fronteggiare tali richieste”, e l’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 – così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 – che definisce lo stress lavoro correlato la “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1).
La valutazione dei rischi diventa elemento essenziale che il medico competente deve considerare nell’ elaborazione del piano di sorveglianza sanitaria che tiene conto non solo dello specifico impiego di gruppi di lavoratori, e qui veniamo ai militari ed agliagenti impiegati in ordine pubblico, ma anche di fattori individuali che dovessero emergere a seguito di visita medica in cui è obbligatorio, altresì, il coinvolgimento di uno specialista, qualunque esso sia, anche di uno psichiatra o uno psicologo. Va ricordato che sull’esito delle visite mediche, finalizzate al Piano di Sorveglianza Sanitaria, il medico competente ed i suoi specialisti sono tenuti alla riservatezza mentre dovranno indicare al datore di lavoro le eventuali prescrizioni o inibizioni riguardanti il singolo lavoratore.
Laddove sia stata omessa tale valutazione, e la conseguente indicazione di misure contenitive generali ed individuali, è fuori discussione il rischio di una responsabilità delle amministrazioni sia nel caso in cui il militare incorra in una grave forma di patologia da stress correlato all’impiego, sia nel caso in cui egli stesso cagioni danni a sé stesso o a terzi.
E gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Suicidi, uso improprio delle armi in dotazione ma anche forme diverse di disagio e patologie psichiatriche.
Ma quali sono le misure contenitive? Sicuramente una di esseriguarda l’impiego in ruoli fortemente stressogeni. Pensiamo a militari ed agenti impiegati troppo a lungo in ordine pubblico, piuttosto che a militari della Marina Militare imbarcati per periodi prolungati ai quali andrebbe applicata la misura della job rotation.
Per il resto possiamo affermare che non esiste un vero e proprio catalogo, poiché solo l’ausilio di esperti può aiutare a definirle caso per caso
Lo stress da lavoro, d’altronde, così come chiaramente indicato all’articolo 3 dell’Accordo Europeo, investe i modelli organizzativi che devono essere idonei a quel coinvolgimento dei lavoratori e gratificanti dal punto di vista psico-fisico. Il lavoro quando percepito come obbligo, come fastidio, diventa infatti, in se causa di stress.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica aveva già emanato una direttiva illuminante sulla necessità di migliorare il benessere organizzativo per ridurre i fattori stressogeni, direttiva che investe anche la capacità di motivare i quadri dirigenti, che devono perseguire l’obiettivo dell’amore per il lavoro.
Modelli di organizzazione del lavoro, di leadership e di capacità di comando, in grado di generare motivazione e ridurre lo stress nei propri collaboratori, rappresentano le cornici in assenza delle quali qualunque altra misura sarebbe vana.
Dott. Col. Angelo Jannone – Esperto di compliance e Presidente di Organismi di Vigilanza d.lgs 231
D.ssa Alessandra D’Alessio – Psicoterapeuta resp. Dipartimento di Psicologia Militare e Benessere Centro Interforze Studi Militari