Da oggi la rappresentanza militare ha concluso il suo percorso (“discutibile”) all’interno del mondo militare, ma c’è sicuramente da capire chi e come ci si dovrà occupare della tutela dei Diritti dei Lavoratori Militari da oggi.
La fretta della pubblicazione di un decreto ‘monco’ ha lasciato i Carabinieri e i Cittadini Militari senza nessuna possibilità di una tutela sindacale appropriata attraverso dei giusti e funzionali strumenti operativi.
Nessun calcolo e autorizzazione dei distacchi e permessi sindacali, nessuna normativa provvisoria che contempli eventuali licenze straordinarie per i vari livelli organizzativi in grado di accompagnare di consentire una vera struttura sindacale territoriale che possa confrontarsi alla pari con il datore di lavoro a livello provinciale e regionale, nessuna previsione strutturale transitoria simile a quella che fu prevista per i sindacati delle forze di polizia civile nella loro storia organizzativa. Le OO.SS.militari, invece di unirsi nel richiedere non solo le modifiche alle tante storture anti democratiche e in violazione della Costituzione della legge sulla sindacalizzazione militare e dei decreti conseguenti, continuano a concentrarsi più sul consenso e sulla corsa alle deleghe che nel contrastare il tentativo degli stati maggiori di elevare il confronto solo a livelli verticistico, un tentativo diretto a non allontanarsi dallo stessa filosofia fallimentare della ormai defunta rappresentanza militare che ha portato enormi vantaggi alle rivendicazioni economiche, e non solo, dei nostri dirigenti.
“Un decreto incompleto, frettoloso,” afferma Roberto Di Stefano, già dirigente sindacale e collaboratore per la comunicazione e la politica sindacale del CIS.Mil., “che sembra più l’ennesimo tentativo politico di strumentalizzazione propagandistica a fini elettorali (con elezioni amministrative ed europee alle porte), la ripetizione del teorema al quale da tanto non crediamo del “sempre vicini alle forze dell’ordine”; una politica che continua a non comprendere la non più silente voglia di democraticizzazione delle forze di polizia militari, la richiesta dei lavoratori della sicurezza che continuano a non comprendere quale siano le differenze che impediscono una modernizzazione di un ambiente lavorativo (e anche una smilitarizzazione) per chi dedica se stesso, tutti i giorni, alla tutela dei diritti e della sicurezza degli Italiani.“
“E’ sicuramente interessante anche la corsa delle sigle ad accaparrarsi l’aiuto di ex delegati nella raccolta di nuove deleghe, anche da chi professava una verginità ormai solo presunta,” continua Di Stefano, “dimenticando che la differenza la fanno le persone e non i numeri, specialmente quando si andrà ai tavoli. Da tempo anche gli ormai ex cobacoceristi dell’Arma dei Carabinieri hanno capito come saranno solo le competenze a fare la differenze per una vera ed efficace azione sindacale, cercando chi abbia veramente le giuste capacità, in modo da mettere al centro solo ed esclusivamente i Lavoratori. Sarà fuori da ogni logica e da una reale prospettiva sindacale chi continuerà a preoccuparsi degli effetti delle lotte rivendicatrici sull’istituzione che non può continuare a pensare che le proprie inefficienze debbano ricadere ed essere risolte dal personale, che da tempo risolve le evidenti criticità mettendo passione e senso del dovere nelle proprie attività quotidiane. Vedo, purtroppo, ancora tanti interventi che evitano accuratamente lo scontro con il datore di lavoro non menzionando le responsabilità evidenti, un’azione sindacale che invece farebbe del bene sia ai Carabinieri che, indirettamente, anche alla nostra istituzione.”
“Per quanto mi riguarda, anche se da alcuni giorni mi sono dimesso da una realtà sindacale nella quale non credevo più, dopo i numerosi tentativi di portare una discussione costruttiva all’interno che non deve mai mancare in una associazione di pari,” conclude Roberto Di Stefano, “non ho nessuna intenzione di tirare i remi in barca e sto ascoltando e valutando a 360 gradi le diverse proposte per continuare a mettere a disposizione, insieme a chi vorrà, l’esperienza fatta e le richieste fattomi dai Colleghi di non mollare. Non sarebbe da me farlo…”