(Adnkronos) – Israele ha subito "un attacco criminale e odioso" da parte di Hamas, "aveva il sacrosanto diritto di proteggersi, ma non ha diritto a fare la guerra contro i palestinesi invocando l'articolo 51 della Carta dell'Onu". Francesca Albanese, relatrice delle Nazioni Unite sulle violazioni del diritto internazionale nei Territori occupati palestinesi, spiega da giurista quali sono i limiti legali dell'azione avviata da Israele dopo il 7 ottobre. "Quello che sta facendo Israele è al di fuori di quanto permesso dal diritto internazionale – dice in un'intervista all'Adnkronos – Dopo l'attacco odioso e criminale lanciato da Hamas, Israele ha invocato il diritto all'autodifesa ai sensi dell'articolo 51 della Carta dell'Onu, che contempla il diritto a usare la forza contro un atro Stato. Ma in questo caso la minaccia a Israele viene da un gruppo armato presente in una zona che lo Stato di Israele occupa, quindi non c’è la base giuridica per fare la guerra". Senza contare, sottolinea Albanese, che è giurista esperta di diritto internazionale, che "esiste già un pronunciamento della Corte di giustizia internazionale specifico rispetto al Tpo, secondo cui Israele non può invocare il diritto alla difesa nei confronti del popolo di un territorio che occupa, e che dovrebbe proteggere ai sensi del diritto internazionale. La risposta concessa ad Israele è in termini di mantenimento e ripristino dell’ordine pubblico, non di diritto all’azione militare". E poi, con l'operazione a Gaza, secondo l'esperta delle Nazioni Unite, lo Stato di Israele "sta violando il principio di distinzione, perché non si possono colpire indiscriminatamente obiettivi civili" con il pretesto di bombardare ‘terroristi’, "c'è il principio di precauzione, per cui se c'è il rischio di colpire civili le operazioni vanno ponderate o sospese, e c'è il principio di proporzionalità, valutando il danno che si fa e giustificato rispetto all’obiettivo militare perseguito". Tutti principi che Israele non sta rispettando, avendo già fatto quasi 9.000 vittime in 3 settimane (lo stesso numero di morti ucraini in 19 mesi di combattimenti tra due eserciti nazionali) chiosa Albanese, e per le cui violazioni "potrebbe essere accusata di crimini di guerra, allo stesso modo di Hamas, per l'uccisione di civili e la presa di ostaggi". A Jabalia, il campo profughi palestinese nel nord della Striscia di Gaza dove centinaia di civili sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani, si configura la possibilità che sia provato "il crimine di sterminio intenzionale". E' l'opinione di Francesca Albanese, relatrice all'Onu sulle violazioni del diritto internazionale nel Territorio palestinese occupato, che denuncia "un crimine molto grave" commesso in quel campo, "dove sono state uccise centinaia di persone perché Israele sospettava che lì si nascondesse un comandante di Hamas". "Ma se anche ci fosse stato – accusa Albanese – nulla giustifica l'uccisione di centinaia di civili e la distruzione di centinaia di case". Come nulla ha mai giustificato i 16 anni di completo blocco aereo, terrestre e navale di Gaza, "una punizione collettiva che si è fatta in queste settimane ancora più pesante". "Affamare un popolo, costringerlo a bere acqua non potabile o acqua di mare, rischiare di far morire bambini perché alle incubatrici negli ospedali non arriva corrente, potrebbe configurarsi come un crimine contro l'umanità, nel contesto di crimini di guerra su cui la Corte penale internazionale dovrà indagare", sottolinea. La relatrice dell'Onu parla poi anche di quello che sta accadendo in Cisgiordania, dove i palestinesi sono sottoposti a "veri e propri pogrom". "Nei miei 16 mesi di mandato sono stati uccisi 60 israeliani e 460 palestinesi, tra cui molti minori – cita la relatrice Onu – colpiti o da militari che spesso sparavano dalla cintola in su, quindi per uccidere, come indicato da Ong israeliane, o dai coloni autorizzati a girare armati, entrambi responsabili di migliaia di incursioni e aggressioni". E nel mirino ci sono anche "i palestinesi che hanno cittadinanza israeliana o gli israeliani che protestano contro questo stato di cose". Quanto agli atti contro le comunità ebraiche che si stanno verificando nel mondo, "l'antisemitismo è una piaga antica che preoccupa molto – afferma Albanese – come anche preoccupano l'islamofobia e la discriminazione contro i palestinesi e contro chiunque sia solidale con loro, che è in crescita nei Paesi occidentali". Lo dice all'Adnkronos Francesca Albanese, relatrice all'Onu delle violazioni del diritto internazionale nei Territori occupati palestinesi, mentre è in vertiginoso aumento il numero di casi di antisemitismo in Europa e negli Stati Uniti. "L'antisemitismo purtroppo – sostiene – potrebbe registrarsi come reazione a quello che fa Israele, che si proclama come Stato ebraico. E in un contesto in cui le responsabilità degli Stati finiscono per diventare responsabilità di un popolo; questo è ingiustificabile". Ma, sottolinea Albanese, "sono preoccupanti anche tutti quegli atti dei governi che mirano a soffocare chi vuole esprimere il proprio pensiero: ci sono tanti cittadini europei a cui viene impedito di manifestare la loro solidarietà al popolo palestinese che vive una violenza senza precedenti, dopo decenni di occupazione militare e colonizzazione, anche tanti ebrei che si battono per i diritti dei palestinesi, e questa è una forma di razzismo, di cui sono vittima i palestinesi e chi li sostiene". —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)