(Adnkronos) – "Siamo sempre più esposti ad agenti esterni, come igienizzanti, profumi, detersivi, cosmetici, conservanti e additivi alimentari, ma, banalmente anche candele profumate, incensi, deodoranti. Sostanze chimiche, sconosciute al nostro organismo, che entrano nel nostro corpo attraverso l’alimentazione o semplicemente respirando, chiamate xenobiotici. Il risultato è un impoverimento del microbiota, vero e proprio meta-organo preposto alla difesa delle nostre barriere naturali. Se non è in equilibrio, e quindi si trova in uno stato di disbiosi, può contribuire non solo allo sviluppo e cronicizzazione di problemi gastrointestinali, dermatologici e oncologici, ma anche allo sviluppo di patologie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e ictus. A lanciare l'allarme sono gli esperti della Societa’ italiana di Biochimica clinica (Sibioc), riuniti, oggi a Novara, presso l'ospedale Maggiore della Carità. Il microbiota è oggi riconosciuto come un vero e proprio meta-organo che influenza lo stato di salute degli individui, e la ricerca è sempre più ricca di nuovi sviluppi, riferisce una nota. Gli xenobiotici, cioè le sostanze estranee al nostro organismo e difficilmente metabolizzabili, introdotte attraverso l’alimentazione o la respirazione, sono irritanti per i microrganismi che costituiscono il microbiota, normalmente in equilibrio. "Una comunità microbica eubiotica è fatta da tanti microorganismi diversi che compongono una specie di orchestra, che suona in armonia garantendo la salute di ogni individuo. Nel momento in cui gli xenobiotici si accumulano può succedere che alcuni componenti del microbiota, i meno resistenti, soccombano ai nuovi arrivati; in questo caso la nostra orchestra del microbiota si trova a perdere strumenti importanti e non è più in grado di suonare correttamente la musica", spiega Barbara Azzimonti, ricercatrice universitaria e docente di Microbiologa medica all’ università di Novara. "Non è facile difendersi dagli xenobiotici – sottolinea – perché ormai sono ovunque E quando si accumulano troppo il microbiota si impoverisce per varietà, per numerosità e anche per funzione, non riuscendo più a dialogare in modo corretto con le cellule del corpo e in particolar modo con il sistema immunitario. Anche i microrganismi più resistenti si trovano sotto stress e così mettono in atto strategie di sopravvivenza, incominciando a utilizzare armi d’attacco. Così, venendo a mancare il contributo delle comunità microbiche in stato di armonia che normalmente nutrono e difendono le nostre barriere naturali, gli epiteli,tra cui quelli respiratori, intestinali e la barriera ematoencefalica, lasciano passare microrganismi, loro metaboliti, e molecole infiammatorie che sono alla base di tante patologie di carattere sistemico, come quelle cardiometaboliche, neurodegenerative, autoimmuni, o anche di deficit di attenzione e stati depressivi, come dimostrato da molte ricerche che associano la disbiosi intestinale a un numero sempre maggiore di patologie che hanno alla base un forte stato di infiammazione". Che fare per tenere in equilibrio il nostro microbiota? Secondo i biologi clinici "la risposta è semplice: fare un passo indietro per ridurre il contatto con xenobiotici non necessari dalla vita quotidiana, anche se vengono continuamente promossi dai messaggi pubblicitari. Ecco cinque regole: intervenire sull’alimentazione, no a cibi processati e a lunga conservazione, cibo spazzatura in genere e preferire alimenti freschi; variare spesso il tipo di alimentazione: un impoverimento del microbiota rende più permeabili le vie d’accesso ai microorganismi patogeni, innescando infiammazioni potenzialmente a carico di tutti gli organi; non esagerare con profumi, deodoranti e cosmetici. Alcune persone vi sono talmente assuefatte che non sentono più gli odori e aumentano le dosi di profumi chimici; non accendere incensi o candele o profumatori ambientali nelle stanze; non eccedere con i farmaci, in particolare antibiotici e cortisonici, che vanno assunti solo su consiglio e sotto stretta sorveglianza del medico. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)