(Adnkronos) – In gergo tecnico si chiamano Inoca e Minoca, sono ischemie e infarti 'invisibili'. Macigni che non si vedono, ma pesano eccome sulla vita di tutti i giorni dei pazienti colpiti, i quali convivono per anni con dolore e oppressione, e in 3 casi su 4 arrivano persino a lasciare il lavoro, o si vedono costretti a ridurne l'orario. L'impatto di queste condizioni sull'esistenza delle persone è stato fotografato da una recente ricerca. E il tema è sotto i riflettori anche in questi giorni, in occasione del 44esimo Congresso nazionale della Società italiana di cardiologia interventistica (Gise), che si tiene a Milano fino a venerdì 6 ottobre. La ricerca pubblicata sull'International Journal of Cardiology è stata condotta su quasi 300 pazienti con Inoca, cioè ischemia senza malattia coronarica ostruttiva, e ha rilevato che il 34% di loro ha convissuto con dolore toracico, oppressione o disagio per oltre 3 anni prima di ricevere una diagnosi. Al 78% è stato erroneamente detto, a un certo punto, che i loro sintomi non erano legati al cuore. Il 75% è stato costretto addirittura a ridurre il proprio orario di lavoro o a licenziarsi a causa della propria condizione. Circa il 70% ha affermato che la propria salute mentale e le proprie prospettive di vita sono peggiorate e più della metà (54%) ha affermato che i propri sintomi hanno influenzato negativamente la relazione con il partner o coniuge. Considerata la somiglianza dei sintomi e il ritardo diagnostico, evidenziano gli esperti, questi risultati possono essere estesi anche al Minoca, cioè infarto del miocardio senza ostruzione. "I disturbi cardiovascolari continuano a essere una delle principali cause di ricovero in ospedale e di morte sia per gli uomini che per le donne – afferma Giovanni Esposito, presidente Gise e direttore della Uoc di Cardiologia, Emodinamica e Utic dell'Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli – In molti casi, specialmente nelle donne, ischemie e infarti del miocardio non presentano occlusioni significative nelle arterie che irrorano il cuore (malattia coronarica ostruttiva)". L'ischemia senza la malattia coronarica ostruttiva Inoca è una patologia che colpisce principalmente le donne, ed è probabilmente il motivo per cui per anni molte pazienti che si sono presentate in ospedale con dolore toracico sono state dimesse e rimandate a casa perché non vi era alcun blocco evidente nelle loro arterie coronarie, spiegano gli specialisti. "Tuttavia – puntualizza Esposito – negli ultimi anni l'Inoca è stata riconosciuta come una condizione reale ed è ora argomento di discussione nella maggior parte dei convegni mondiali di cardiologia. Oggi si stima che può riguardare il 62% delle donne che si sottopongono ad angiografia coronarica per sospetta angina, con un'accentuata prevalenza di quelle con 45-65 anni d'età. In passato, non avevamo gli strumenti giusti per fare la diagnosi, ma ora sappiamo che la maggior parte di questi pazienti ha una disfunzione microvascolare coronarica, dove i piccoli vasi non sono in grado di dilatarsi completamente per aumentare il flusso sanguigno a causa dello stress o dell'esercizio fisico. Oppure soffrono effettivamente di una costrizione o un vasospasmo, dove può esserci un restringimento significativo delle arterie coronarie e quindi i pazienti presentano dolore toracico". In alcuni casi, l'ischemia può avere come esito un vero e proprio infarto miocardico, pur in assenza di ostruzioni evidenti delle arterie coronarie, condizione chiamata Minoca: si stima succeda nel 6% dei casi, più frequentemente tra le donne. "Un sottogruppo di casi di Minoca è dovuto alla dissezione spontanea dell'arteria coronaria (Scad), che è una rottura che si forma all'interno della parete di un vaso coronarico – evidenzia Francesco Saia, presidente eletto Gise e cardiologo interventista all'Irccs Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant'Orsola – Nella maggior parte dei casi di Minoca, è difficile identificare la causa. Così succede che, poiché non si riscontrano ostruzioni nelle arterie coronarie principali, i pazienti spesso lasciano l'ospedale incerti su cosa abbia causato il loro attacco cardiaco Minoca e su come prevenirne un altro". Si stima che nei 4 anni successivi a un evento di questo tipo, ci sia il 13% di probabilità di morire per qualsiasi causa e il 7% di probabilità di avere un altro attacco cardiaco. "La buona notizia è che con l'applicazione su ampia scala di raffinate tecniche di fisiologia coronarica e/o di imaging aumentano le probabilità di ottenere una diagnosi corretta e cure appropriate nella maggior parte dei casi – conclude Saia – Questo argomento ha altri risvolti, oltre a quello clinico. Queste procedure, infatti, non hanno un rimborso ad hoc. Il Gise sta lavorando da tempo a un riconoscimento economico che faccia sì che l'applicazione di questi presidi non sia economicamente svantaggiosa per le strutture sanitarie e che ne venga quindi allargato l'accesso su tutto il territorio nazionale". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)