(Adnkronos) – Il bus precipitato ieri sera dal cavalcavia a Mestre, è stato "un tuffo al cuore" per Gabriele Maestrini, papà di Elena, la ragazza che il 20 marzo 2016 ha perso la vita insieme ad altre sei studentesse italiane (delle dodici vittime in totale) durante un viaggio in pullman dopo una gita prevista dal programma Erasmus. "E' stato come tornare indietro. Quello che è successo è una tragedia immane, sentire la notizia è stato un tuffo al cuore per le vittime e per le famiglie. E' come se fossi stato catapultato, ancora una volta, a quel maledetto giorno", ha detto all'Adnkronos. "Serve ora un momento di riflessione sulla sicurezza – aggiunge – probabilmente un secondo autista, una persona accanto al conducente può rivelarsi utile a scongiurare incidenti simili, a intervenire in caso di colpi di sonno o di malore. Non risolverà il problema, magari, gli incidenti ci saranno lo stesso, ma un pullman è come un piccolo aereo, trasporta sessanta persone. E se nella cabina di pilotaggio sono in due, sarebbe bene che anche sui bus ci fosse una persona accanto a chi guida, fosse pure per tenerlo sveglio, per consigliarlo". Anche secondo Alessandro Saracino, papà di Serena, "siamo di nuovo lì, è sempre la stessa storia. Ma qui in Italia c'é una differenza enorme rispetto alla Spagna, i trasporti dei passeggeri sono seguiti in maniera più seria e immagino che le cause dell'incidente siano da ricercare in un guasto più che in una disattenzione del conducente". "Mi auguro che la storia finisca diversamente – aggiunge all'Adnkronos riferendosi alla tragedia di ieri sera a Mestre – d'altronde peggio di come è finita la nostra è difficile, non c'é stato neanche un giorno di processo. Ovunque succeda qualcosa agli italiani il nostro Stato non li tutela, può accadere di tutto e alla fine non è mai colpa di nessuno. Fossero mai americani, tedeschi o francesi le vittime, i processi andrebbero diversamente secondo me". (di Silvia Mancinelli) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)