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Urla, tensione, accuse nell'ultimo incontro tra Evgheny Prigozhin, il capo della Wagner morto mercoledì 23 agosto 2023 nello schianto del suo aereo, e il presidente russo Vladimir Putin. Prigozhin si era convinto di averla fatta franca, nonostante il tentativo di ammutinamento del Gruppo Wagner, con il 'quasi golpe' a fine giugno. Durante il suo ultimo incontro al Cremlino con Putin, cinque giorni dopo la rivolta e la marcia verso Mosca fermatasi a 200 chilometri dalla capitale, il capo della milizia aveva subito uno sfogo senza precedenti del suo ex alleato: tre ore di urla del presidente, infuriato per il "tradimento" subito. Lo ha raccontato a Meduza uno dei membri della compagnia militare privata, secondo il quale Putin poi lo aveva lasciato andare e la storia era sembrata essere finita lì. Fino alla morte di Prigozhin nel misterioso schianto dell'aereo sul quale viaggiava mercoledì scorso, morte confermata dalle analisi del Dna. La versione del miliziano della Wagner sull'incontro, al quale erano presenti 35 persone, è molto diversa da quella edulcorata fornita dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. "Prigozhin credeva che Putin si fosse sfogato. 'Non ci ha ucciso subito, quindi non ci ucciderà', pensò. Si era convinto di essere immortale", ha affermato. Forse anche questo può spiegare il fatto che il capo della Wagner e i suoi più importanti collaboratori, tra cui il comandante militare Sergei Utkin, abbiano viaggiato tutti insieme sullo stesso aereo precipitato mentre volava da Mosca a San Pietroburgo, a dispetto di tutte le più elementari misure di sicurezza. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)