(Adnkronos) – "Numerosi studi clinici confermano che l’immunonutrizione, cioè la somministrazione di formule nutrizionali specifiche arricchite da determinati fattori, riduce il rischio di complicanze post operatorie e i tempi di degenza. Anche le linee guida dell'European society for clinical nutrition and metabolism raccomandano, nei pazienti in stato di malnutrizione sottoposti a chirurgia oncologica, la somministrazione peri o almeno post operatoria di una formula specifica arricchita con immunonutrienti – acidi grassi omega 3, arginina, nucleotidi (Rna) e antiossidanti – che hanno dimostrato un'efficace azione di tipo antiossidante in grado di modulare e potenziare la risposta immunitaria dell’ospite a fattori stressarti esterni”. Così Luigi Marano, referente sezione Young di Sico (Società italiana di chirurgia oncologica) e professore associato di Chirurgia Generale Università di Siena, commentando i risultati di una survey – realizzata dalle sezioni young di Aiom, Associazione italiana oncologia medica; Airo, Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica e Sico, Società italiana di chirurgia oncologica – che segnala come solo il 38% dei pazienti riceva una valutazione nutrizionale alla diagnosi. “L’immunonutrizione – continua l’esperto – è importante non solo nella fase peri-operatoria, ma in tutto il decorso del paziente, dall’accesso all’ospedale alla sua dimissione e anche nella convalescenza. Gli immunonutrienti – sintetizza – riducono lo stato infiammatorio, le complicanze infettive e promuovono la riparazione dei tessuti insultati dallo stress chirurgico, con un miglioramento sostanziale degli outcome clinico postoperatorio”. Nel dettaglio, “l’arginina – spiega Marano – è un aminoacido che svolge un ruolo nel sistema immunitario ed è coinvolto nella produzione dell’ossido nitrico, che è una molecola utile nell’aiutare a dilatare i vasi sanguigni” condizione che “migliora l’apporto di ossigeno e delle sostanze nutritizie e favorisce l’arrivo delle cellule immunitarie nei siti di infezione, come il sito chirurgico. E’ inoltre coinvolta – prosegue – nella produzione delle citochine, molecole in grado di modulare la risposta immunitaria”. Essendo poi un aminoacido, “è costituente delle proteine che sono utili alla sintesi di tessuti come il collagene” per la ricostruzione dei tessuti lesi dall’intervento. Un altro improntate immunonutriente è l’Rna, acido ribonucleico, che è “coinvolto nella sintesi delle proteine e in numerose funzioni del sistema immunitario – continua Marano – E’ dotato di una attività pleiotropica (più effetti, ndr) che comprende la sintesi di anticorpi, fondamentali per la difesa contro i patogeni, inoltre può stimolare la risposta immunitaria e sostenerla nell’ambito di eventi stressogeni dovuti a intervento chirurgico o a terapie antiblastiche” contro il cancro. “Altri immunonutrienti improntati – aggiunge Marano – sono gli acidi grassi omega 3. L’acido eicosapentaenoico (Epa) e il docosaesaenoico (Dha) sono noti perchè dotati di eccezionali proprietà antinfiammatorie”. L’infiammazione indotta dall’intervento chirurgico può essere quindi ridotta dall’attività di “ omega 3 e antiossidanti” che, al contempo, “favoriscono una guarigione più rapida e efficace, con minori complicanze”. L’immunonutrizione nel paziente oncologico “non è solo focalizzata al trattamento chirurgico – sottolinea l'esperto – ma deve essere impostata anche nella fase peritrattamento, perchè la stessa chemioterapia e radioterapia sono stressorgeni, cioè eventi che mettono a dura prova il sistema immunitario. Gli immunonutrienti sono necessari anche per migliorare gli outcome ai trattamenti e, tra questi, c’è il completamento del ciclo di cura. Non è infatti da sottovalutare – aggiunge – che molti paziente malnutriti non sono poi in grado di sopportare il ciclo di cura completo”. A tale proposito, “ritengo che a un tavolo tecnico in cui si decide tutto il percorso diagnostico-terapeutico di un malato oncologico – afferma Marano – non possa mancare assolutamente uno specialista con competenze di nutrizione clinica per poter decidere il management, anche nutrizionale e immunonutrizionale del paziente, per garantire un apporto di medicina di precisione, prima dell’evento stressogeno – intervento chirurgico chemio o radio-terapia – per migliori outcome clinici, minori giorni di ospedalizzazione, riduzione del rischio di infezione, maggiore sopravvivenza a lungo termine e – conclude – minori costi per il servizio sanitario”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)