(Adnkronos) – "E’ importante fare comprendere a tutti che la nostra industria non vive isolata, non si può fare la transizione solo stravolgendo il nostro settore, perché noi siamo parte integrante di un sistema complesso dal quale dipendiamo, e che solo parzialmente possiamo controllare". E' quanto affermato da Roberto Vavassori, nuovo presidente dell'Anfia, nel corso del suo intervento all'assemblea dell'associazione. "Quando parliamo di decarbonizzazione dobbiamo anzitutto specificare se parliamo dei prodotti o dei processi. Perché prima del prodotto veicolo, vi è lo studio dei processi per realizzarlo con metodi sostenibili in senso olistico. E noi tutti sappiamo bene che circa l’80% del valore di ogni veicolo è rappresentato dai suoi componenti, per cui la progettazione dei processi produttivi dei fornitori assume un ruolo centrale nel tragitto verso la decarbonizzazione. Se poi analizziamo l’impronta carbonica delle nostre imprese secondo gli scopes 1,2 e 3 risulta evidente che per quasi l’80% questa è responsabilità dell’energia che acquistiamo. Per decarbonizzare i processi del settore automotive, quindi, è necessario pianificare fonti affidabili e non solo intermittenti di energia rinnovabile". "Solo per il nostro Paese – ha quindi spiegato Vavassori – questo significa poter installare impianti che generino almeno 200 TWh, pari a 200 mila miliardi di watt ora ogni anno per sostituire le fonti fossili attuali di energia elettrica. E questo solo per i processi di produzione, non anche per muovere i veicoli. Per questi ultimi decarbonizzare significa aprire l’orizzonte ai vettori energetici a bassa emissione di CO2, siano essi carburanti o energia elettrica, secondo il fondamentale principio della neutralità tecnologica. Vuol dire in particolare verificare quali condizioni siano necessarie per una diffusa elettrificazione del parco circolante europeo, dall’accettazione dei consumatori alla convenienza economica dei nuovi veicoli disponibili. Significa investire in tecnologie innovative per i nuovi carburanti decarbonizzati, così come provvedere ad una produzione aggiuntiva di oltre 70 TWh annui di energia elettrica rinnovabile per l’alimentazione del solo parco italiano elettrificato". "Occorre produrre stime verosimili del fabbisogno dei diversi vettori energetici nei vari tratti del percorso di transizione – ha continuato il nuovo presidente – avendo cura della sostenibilità economica e finanziaria degli ingenti investimenti necessari e scongiurando una loro rapida obsolescenza tecnica. Parlo ad esempio delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, che rischiano di essere obsolete il giorno stesso in cui sono installate, se a basso amperaggio. E’ necessario investire fortemente in ricerca per superare l’attuale stato dell’arte della tecnica della propulsione elettrica. In tema di batterie siamo alla fase pre-adolescenziale, c’è molto ancora da ricercare, visto che l’attuale tecnologia è ormai vecchia di oltre 45 anni. Sta certamente migliorando rapidamente, ma non abbastanza per mantenere l’Europa competitiva a livello mondiale". "A questo proposito – ha proseguito – vale la pena di ricordare che i 30 impianti cosiddetti gigafactory in costruzione in Europa utilizzano tutti la tecnologia attualmente disponibile, niente di innovativo, e quindi sono a forte rischio di obsolescenza ancor prima di essere ammortizzati. E’ prioritario lo sviluppo in Italia della catena del valore delle batterie a monte delle gigafactory per costruire un futuro meno dipendente dalla Cina (in Francia e Germania stanno già iniziando a implementare questo processo). E dobbiamo farlo perché le batterie rappresentano oltre il 50% del valore aggiunto di tutta la catena del valore del veicolo elettrico", ha detto ancora Vavassori. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)