(Adnkronos) – “Stiamo lavorando da dodici anni e il Governo ci sta dando una mano a finalizzare questo progetto nei novantanove giorni che abbiamo a disposizione prima dell’inizio dell’attività agonistica. Si sono succeduti cinque governi da quanto è iniziato il progetto e non ci sono mai stati problemi di sorta né con questo esecutivo, né con i precedenti”. Queste le parole di Gian Paolo Montali, Direttore Generale del Progetto Ryder Cup 2023, espresse a margine del panel pomeridiano presso “Stati Generali Mondo Lavoro”, convegno sui grandi eventi organizzato presso il “Marco Simone Golf & Sporting Club” di Guidonia. L’ex allenatore (tra le altre) della Nazionale Italiana di Pallavolo si è poi soffermato su vari focus, riferendosi in particolare al concetto di “eredità” da mettere a disposizione delle future generazioni indipendentemente dalla competizione agonistica vera e propria: “La legacy economica è molto importante, in questi 12 anni di progetto, ha promosso indotti economici molto elevati. Questo progetto difende i posti di lavoro nel mondo del golf, che nei centri più piccoli sono stati falcidiati dalla pandemia. La ricaduta fiscale del progetto è importante, a fronte di 60 milioni che il governo ci deve dare, noi gliene restituiremo di più in base all’indotto prodotto. La legacy delle infrastrutture è cruciale, con strade e progetti di pubblico rilievo che riqualificheranno zone che attendono modifiche da decenni. Naturalmente è importante la legacy sportiva: la Ryder Cup deve diventare un modello che promuova una nuova generazione di golfisti. L’ultima legacy è quella riferita al turismo golfistico. Il golf è l’unico sport in cui si può scegliere dove giocare. Questa città diventerà una meta di pellegrinaggio laico”, ha aggiunto sorridendo Montali. Gli ha fatto eco, dallo stesso tavolo riferito al secondo panel di giornata presso l’immersivo country club Paolo Carito, Direttore Generale per gli Europei di Atletica Leggera di Roma 2024: “L’impatto economico di un grande evento, in questo caso gli Europei di atletica leggera, investe circa ventimila persone, tra impiegati e addetti ai lavori. Se calcoliamo la presenza di circa 150.000 spettatori, di cui il 30% stranieri, l’indotto sale a quasi undici milioni di euro. Non si tratta solo di soldi, ma anche di una palestra formativa a livello educativo per chi coopererà con l’organizzazione”. Il terzo intervento in scaletta ha coinvolto in collegamento video Luca Di Liberto, Program Manager & Domain Expert di “The Ocean Race”, che così si è espresso: “Vi tedierei se dovessi parlarvi di una gara mondiale che dura 6 mesi. La regata che abbiamo organizzato non ha solo valenza sportiva, ma rappresenta anche una missionnella gestione della natura da parte dell’equipaggio. I ragazzi sono in mare per 40 giorni con difficoltà estreme. Il nostro messaggio vuole essere improntato alla sostenibilità. Viaggiando in mare troviamo di tutto, da plastiche a immondizia di ogni tipo. Il nostro campo è il mare e a volte mi viene in mente un parallelo: è come se nel rettangolo verde di calcio trovassimo bottiglie di plastica”, ha commentato Di Liberto. Qualche statistica poi, a supporto della manifestazione da lui presieduta: “La somma del pubblico negli otto villaggi approntati è stato di un milione e mezzo di persone. Tutto il “water front” di Genova viene coinvolto e abbiamo moltissimi sponsor coinvolti. La portata è internazionale, con circa 60 televisioni collegate. Se calcoliamo poi l’impatto che abbiamo già avuto sui social e tramite gli altri canali, siamo già arrivati a toccare più di un miliardo di persone. Localmente abbiamo prodotto un grosso lavoro di connessione con l’imprenditoria e con la politica locale, in modo da sviluppare attività che restino sul territorio anche all’infuori della manifestazione sportiva in sé. Dal bilancio degli scorsi quattro anni, che sarebbero stati cinque se non avessimo avuto l’anno di pandemia, ci siamo accorti che l’indotto ammonta a circa otto volte il patrimonio investito, quindi il fattore moltiplicatore può essere sotto gli occhi di tutti”, ha affermato Di Liberto. A chiudere il tavolo di lavoro pomeridiano, è intervenuto Pier Luigi Bernabò, responsabile dell’organizzazione eventi per la Federazione Italiana Rugby. Partendo dal Sei Nazioni, c’è stata occasione anche per un resoconto generale sulla disciplina: “Come sport italiano e come Paese dobbiamo essere orgogliosi di far parte del “Sei Nazioni” non solo sotto il profilo agonistico, ma anche sotto quello organizzativo. La città di Roma è un valore aggiunto per questo sport, permettendoci di ricordare che organizzare un grande evento nella Capitale è soprattutto una responsabilità. Al netto della retorica: il fatto di essere allo Stadio Olimpico è un privilegio. Sotto il profilo sportivo gli Azzurri non portano troppo entusiasmo per i risultati, anche se riescono a creare un’attrattiva tale da poter giustificare la nostra presenza al livello massimo del rugby mondiale. Grazie alla bravura organizzativa riusciamo a sopperire quel che sta mancando sotto il punto di vista dei risultati sul campo. Siamo attenti nel capire i cambiamenti che potranno esserci, dato che abbiamo imparato dal Covid come tutto possa mutare in pochissimo tempo. Dobbiamo apprezzare questa opportunità, perché non sta scritto da nessuna parte che ciò possa durare per sempre”. Quattro punti chiave sono stati poi messi in evidenza in chiusura: “Nomino “tre pilastri più uno”, che rappresentano la via programmatica attraverso la quale agiremo per mantenere alti gli standard anche in futuro: il primo riguarda lealtà e coraggio in campo, unito all’emozione sugli spalti; il secondo si impronta al divertimento e alla socializzazione; il terzo rispetta le tradizioni cultura delle nazioni ospitate; il quarto si fa promotore di condivisione ed appartenenza. Accanto alla squadra “gioca” un secondo team formato dai nostri stakeholder”’. ha concluso Bernabò. —lavorowebinfo@adnkronos.com (Web Info)