(Adnkronos) – Secondo l'Oms (2021) nel mondo una donna su tre nel corso della sua vita subisce violenze fisiche e/o sessuali, principalmente da parte di un partner intimo. Il report Donne vittime di violenza, pubblicato dal dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell'Interno lo scorso marzo, ha evidenziato come in Italia si registri un trend in crescita per le violenze sessuali: dal 2020, anno nel quale si è registrato il dato minore (4.497), l'incremento è stato significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 eventi (+33% dal 2020). Di fronte a un fenomeno così allarmante, per "produrre un profondo cambiamento culturale, creare consapevolezza sul concetto di consenso e aumentare l'accesso alla giustizia per le sopravvissute allo stupro in Italia", Amnesty International Italia rilancia la campagna #IoloChiedo e ricorda che per sostenere questo impegno è possibile destinare il proprio 5×1000 nella dichiarazione dei redditi all'organizzazione indicando il codice fiscale 03 03 11 10 582. Attualmente, il Codice penale italiano, all'articolo 609-bis, prevede che il reato di stupro sia necessariamente collegato agli elementi della violenza, della minaccia, dell'inganno, o dell'abuso di autorità. In nessun modo lo stupro viene definito "un rapporto sessuale senza consenso”. Pertanto, Amnesty International Italia chiede al ministro della Giustizia che la legislazione italiana si adegui alle norme internazionali, modificando l'articolo 609-bis del Codice penale per considerare reato qualsiasi atto sessuale senza consenso. "La Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale di più vasta portata sul tema della violenza contro le donne – spiega Tina Marinari, coordinatrice della campagna #IoloChiedo di Amnesty International Italia -, ha posto in maniera chiara il tema della necessità di passare dalla repressione alla prevenzione dell'abuso. Nonostante l'Italia abbia ratificato la Convenzione oltre dieci anni fa, il nostro Codice penale non è mai stato aggiornato secondo le direttive del documento. La nostra legge è ancora specchio di una cultura basata sulla discriminazione di genere, sullo sbilanciamento di potere nelle relazioni e sulla colpevolizzazione della persona offesa – prosegue Marinari -. La paura, la vergogna e la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario non devono essere fattori di dissuasione, per donne e ragazze, dal denunciare le aggressioni e maltrattamenti subiti". Modificare una legge è certamente il punto di partenza, ma, di pari passo, va operato un cambiamento anche nelle percezioni e nella consapevolezza di tutti i cittadini. I dati Istat (2019) evidenziano come in Italia è più che mai radicato il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire (23,9% degli intervistati) o se sotto effetto di alcool e droghe (15,1%). Il 39,3% degli intervistati ritiene, inoltre, che una donna sia perfettamente sempre in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo desidera. Ancora, secondo un'indagine Ipsos condotta per Amnesty International Italia (2019), il 31% degli italiani ritiene che il rifiuto di una donna sia un modo per "farsi desiderare". "Quando si parla di violenza sessuale, è mentalità diffusa ritenere che la vittima sia in qualche modo responsabile dell'aggressione subita: per i vestiti che indossava, per l'atteggiamento mostrato, per la maniera in cui ha parlato – dice ancora la coordinatrice della campagna #IoloChiedo di Amnesty International Italia -. Se vogliamo vivere in una società dove non siamo costretti a leggere ogni settimana notizie di femminicidi, stupri e violenze, dobbiamo partire con il radicale cambiamento culturale, rafforzando la consapevolezza nelle giovani generazioni sull'importanza del rispetto della reciproca libertà e autonomia, combattendo gli stereotipi di genere e chiarendo il concetto di consenso. Per questo, intendiamo promuovere la campagna #IoloChiedo nelle scuole e nelle piazze e ci impegniamo a coinvolgere le Istituzioni, da cui deve partire la revisione legislativa". "Siamo convinti che il cambiamento che vogliamo produrrà effetti positivi nella nostra società, nella nostra cultura e, non da ultimo, nelle aule di tribunale – conclude -. Per fare ciò, abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti: anche un piccolo gesto, come destinare il proprio 5×1000 ad Amnesty International, può fare una grande differenza affinché le donne non vengano lasciate sole". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)