Il Comando Generale dei Carabinieri oggi ha organizzato un convegno “sulla prevenzione del disagio e la promozione sul benessere psicologico nell’Arma”, con diversi ed eccellenti relatori, ma con la consueta e totale assenza del personale, di chi soffre queste situazioni e, soprattutto, di chi rappresenta, sindacalmente, dalla sentenza della Corte del 2018 e, finalmente, con una legge, le difficoltà della amministrazione nell’interpretare in maniera partecipata e aderente alle realtà il concetto di benessere psico-fisico, come fa il Nuovo Sindacato Carabinieri.
Chissà se in questo convegno, tra ministri e professori, i massimi nostri dirigenti non prevedano anche di parlare della forte pressione gerarchica e disciplinare, di una discrezionalità soggettiva che ostacola meritocrazia e giustizia, che possono influire su quelle situazioni di disagio che portano a scelte drammatiche.
Chissà se comprendano, una volta per tutte, che non si discute dei temi che coinvolgono i Carabinieri in modo unilaterale, senza un vero scambio di idee, con una oggettiva analisi che preveda quella partecipazione tanto filosofeggiata dai nostri vertici ma messa in pratica raramente.
Chissà se i ministri che interverranno sanno che la rete di ascolto per i Colleghi, uno sforzo sicuramente notevole della Direzione Sanità, non solo è in funzione solo la sera e nei festivi, ma che è pagata da un fondo privato alimentato dal versamento volontario di 80mila Carabinieri (un fondo di una associazione privata, i cui iscritti non hanno mai eletto chi ne è responsabile, tra l’altro).
Chissà se hanno capito che non tutte le situazioni devono avere reazioni che ghettizzano e isolano, aggiungendo stress allo stress, che magari quei Colleghi possono certo avere la propria arma ritirata, ma possono continuare a lavorare in ambiti interni mettendogli attorno una rete di ascolto e di affetto (magari sono proprio quelle sei ore di lavoro quotidiano che creano tranquillità e distrazione da altri pensieri negativi).
Chissà se hanno capito che vanno istituiti degli uffici almeno in tutte le province, aperti liberamente, dove andare a disinnescare le situazioni di stress correlate anche al nostro tipo di lavoro che ci porta a contatto con il dolore della gente, e far diventare normale l’andare dallo psicologo, che deve essere un segno di forza e non uno stigma che isola e crea disagio sul disagio.
Chissà se i vertici si sono resi conto che un eventuale Collega che stia soffrendo una situazione di quelle evidenziate nel convegno e che magari volesse ascoltare le loro parole “illuminate” di oggi magari è a casa perché gli è stata ritirata pistola e tesserino, non potrà ascoltare perché la diretta è nella intranet dell’Arma. Come tanti altri Colleghi che accedono a intranet in servizio, e non crediamo che in servizio possono utilizzare il tempo dedicato alla loro professione sociale per mettersi davanti a un computer.
Proprio oggi un altro nostro Collega ha indossato la divisa, è entrato in servizio e ha deciso di smetterla di combattere. Significherà qualcosa? Se quel collega poteva andare da uno psicologo in libertà, per farsi una chiacchierata, per consentire a uno specialista di intercettare eventuali alert, si sarebbe potuto fare qualcosa? Potrebbe il nostro Comandante Generale chiederlo ai suoi ospiti e ai nostri esperti nella Sanità Militare? O è proprio il concetto di militare che confligge con l’essere dottori, con l’essere solo dalla parte dell’eventuale paziente, proteggendolo, senza subire pressioni?
Ieri, insieme ad altri sindacati delle FFOO, civili e militari, abbiamo parlato della esigenza di studiare le cause di disagio che gli operatori della sicurezza incontrano nel quotidiano, gettando le basi per una piattaforma comune di analisi e proposte per sollecitare le nostre amministrazioni. La piattaforma include i sindacati più rappresentativi del comparto sicurezza e difesa, centinaia di migliaia di iscritti. Ci faremo sentire.
Comprendiamo anche chi sceglie di essere istituzionale per forma mentis (e per abitudine) e non ha compreso ancora cosa significhi fare sindacato, che non è rompere o andare contro, ma essere parte sociale critica, indipendente e autonoma, non seguire solo le filosofie ma sporcarsi le mani e cercare il confronto a tutti i costi per risolvere tutto ciò che si frappone alla tutela dei diritti e della sfera psico-fisica dei Lavoratori.
Generale Luzi, parafrasando la grammatica premiale tanto cara, questo convegno è assolutamente un fulgido esempio di vivissima partecipazione. Il Nuovo Sindacato Carabinieri ha già organizzato diversi convegni invitando i dirigenti dell’Arma locali perché crediamo nel dovere di incontrarci e di confrontarci, abbiamo incontrato (e continuiamo ad incontrare) centinaia di Comandanti nei nostri accessi nelle Caserme stimolandoli e spiegando la necessità del dialogo. Noi siamo qui, da tre anni, chiedendo di essere sentiti e convocati.
Abbiamo pazienza. REPETITA IUVANT