Una premessa doverosa: i nomi contenuti nell’articolo sono di pura fantasia e non troverete indicazioni di luoghi e strutture per la tutela dell’anonimato delle nostre fonti.
Quella che raccontiamo oggi, è una storia davvero particolare e delicata.
Una storia che, oltre a farci comprendere il disagio di alcuni appartenenti davanti all’obbligo vaccinale, svela un retroscena assai più grande, ossia i motivi per i quali gli operatori delle forze dell’ordine che vivono momenti particolari o forme di stress, non sembrano farne spesso parola con l’Amministrazione di appartenenza, pena il possibile rischio (come in questo caso) di ritrovarsi improvvisamente sospesi, senza tesserino, pistola e manette e con un rimando alla CMO (commissione medico ospedaliera).
Questa che vi raccontiamo è la storia di Rossella, una poliziotta.
Una poliziotta con una fiorente carriera, dove per carriera si intende il sudore impregnato sulla divisa da agente, sempre per strada e al servizio della comunità.
Rossella è in polizia da una vita e durante la pandemia ha prestato il suo servizio in strada, esposta a tutti i rischi, con il pensiero di tornare sana e salva a casa.
Ha lavorato tutti i giorni, sempre, senza sottrarsi un attimo a quella che era la sua missione.
A marzo del 2020, parte la campagna vaccinale facoltativa per gli appartenenti alle forze dell’ordine. Rossella decide di aspettare perché ha dei dubbi.
Nel frattempo continua a lavorare, come sempre.
Novembre 2021. Il Governo introduce l’obbligo vaccinale per il personale del comparto Difesa, Sicurezza e soccorso pubblico, pena sospensione dal servizio e stipendio zero. Nemmeno un euro per mezzo chilo di pane.
Le varie Amministrazioni si adeguano e dopo un incontro con i vari sindacati ai quali seguono comunicati inutili che anticipano solo quanto avrebbe contenuto la circolare esplicativa, questa esce e mette le cose in chiaro.
Chi non si vaccina sarà sospeso e non percepirà lo stipendio per sei mesi. Senza mezzi termini.
«Un ricatto vero e proprio». Così lo definiscono alcuni poliziotti: «un abuso che si fa scudo con un decreto che calpesta qualsiasi diritto, finanche quello alla sopravvivenza».
Rossella si trova tra l’incudine e il martello. Da una parte le sue perplessità sul vaccino e la paura di effetti collaterali, dall’altra parte, la preoccupazione di non percepire più lo stipendio, avendo un mutuo sulle spalle. Quindi decide di farsi coraggio e recarsi dal medico della Polizia per chiedere delucidazioni sulla vaccinazione.
Espone al medico i suoi dubbi, le sue paure e chiede rassicurazioni. Il medico le risponde che non c’è ragione di avere paura e che bisogna fidarsi della scienza, che bisogna vaccinarsi per proteggersi. Per chi non lo fa, le conseguenze sono note: sospesi e senza stipendio.
A Rossella scappa una lacrima perché ha una spada di Damocle sulla testa. Rossella pensa anche che senza stipendio non si può vivere. Le responsabilità sulle sue spalle sono troppe e si lascia andare ad uno sfogo con il medico.
Sfogo che avrebbe alimentato alcuni dubbi nel medico. Per lui infatti, Rossella non sarebbe una persona che ha paura del vaccino, ma una persona ansiosa e con lieve stato depressivo.
L’agente prova a fare capire di non essere per niente depressa, ma solo preoccupata da tutta la situazione.
Ma nulla. Viene sospesa, le viene ritirata la pistola, tesserino e tutto e viene mandata alla CMO.
Ecco, ora sì che il mondo le è crollato addosso e per di più, sarà sospesa ulteriormente per inadempimento all’obbligo vaccinale, con stipendio zero.
Questo è uno dei motivi per i quali chi manifesta disagi o vive momenti particolari, spesso tiene tutto dentro senza farne parola: temono di essere “etichettati”.
«Se notano che sei sotto stress o stai affrontando un periodo più impegnativo, la prima cosa che fanno è toglierti tutto. Rischi di essere riformato» ci racconta un agente.
Quanto all’obbligo vaccinale, ci troviamo dinanzi a controsensi assurdi. Innanzitutto la disparità di trattamento tra personale scolastico e personale del comparto sicurezza e difesa, come ha fatto notare la Federazione Coisp-Mosap in una intervista rilasciata di recente, relativamente al personale posto in congedo straordinario; poi l’assurdità di non percepire nemmeno un euro, tematica piuttosto sollecitata anche dal Nuovo Sindacato Carabinieri che ha chiesto al Comando Generale uno sforzo in più.
Poi ci sono sindacati come il Cosap, che hanno addirittura presentato ricorso e messo a disposizione uno studio legale.
Ed è davvero un controsenso, se pensiamo che il personale sospeso dal servizio per motivi disciplinari (chi commette reati, è indagato “per atto dovuto” o è stato condannato) percepisce l’assegno alimentare, il 50% dello stipendio.
«Paradossalmente, se in ufficio offendo il dirigente vengo sospeso con mezzo stipendio. Se non mi vaccino, stipendio zero» ci racconta un poliziotto.
«Dopo anni di onorato servizio, mai avrei pensato che potesse accadermi una cosa del genere. Tornassi indietro, non sacrificherei più la mia famiglia nei migliori giorni di festa come ho fatto per anni» ci racconta un altro.
La sfiducia è a livelli altissimi. Seppur in minoranza gli uomini e donne delle forze dell’ordine non vaccinati, quei pochi vivono un disagio che non va sottovalutato. Il giorno prima in strada a combattere il crimine, il giorno dopo sospesi, senza stipendio e “pericolosi socialmente”.
Ma non solo, il vaccino. Pensiamo ad esempio, alle condizioni di lavoro, al carico di responsabilità, all’ambiente lavorativo e allo stress cui sono sottoposti gli operatori delle forze dell’ordine, tra le professioni di aiuto. Esternare una preoccupazione, come nella storia di Rossella, potrebbe diventare motivo di sospensione. Questo di certo non spinge chi ha difficoltà a cercare ausilio, perché il problema risiede proprio nella relazione di aiuto. Quando il contesto di lavoro collima poco o niente con il lato umano del lavoratore, il burnout è dietro l’angolo.