Il convegno che si è tenuto a Potenza, patrocinato da diverse sigle sindacali e al quale abbiamo partecipato, è stato per il Nuovo Sindacato Carabinieri una ulteriore occasione per ribadire quella che è la nostra posizione in merito al disegno di legge in discussione alla Commissione Difesa del Senato sulla sindacalizzazione militare, che non permetterà, senza opportune modifiche, di rappresentare adeguatamente i nostri colleghi. Questo disegno di legge – non smetteremo mai di ripeterlo – è uno strumento già obsoleto e superato da sentenze del giudice del lavoro e dalle nostre attività sindacali, che favorisce chi sposa la logica del doppio cappello, a discapito di chi come noi, vuole fare sindacato in modo responsabile e trasparente, senza alcun condizionamento di sorta e con l’unico obiettivo di sostenere e tutelare i Carabinieri.
Questo è stato reso possibile nel 2018 con una sentenza della Corte Costituzionale che riconosce anche ai militari quei diritti sindacali e associativi da sempre negati, che con il DL Corda rischiano di essere di nuovo repressi e sopraffatti. Questo disegno di legge in discussione alla Commissione Difesa del Senato è stato – ahinoi – suffragato anche da tutte quelle forze politiche che si dicono a favore delle forze armate e dell’ordine ma che nei fatti, hanno poi sostenuto un qualcosa che nuoce le libertà sindacali riconosciute finalmente ai militari.
Dà così tanto fastidio il sindacalismo militare?
È quanto viene da chiedersi, ed è quanto effettivamente succede. Fare sindacato in maniera responsabile, così come lo intendiamo noi di NSC, significa pensare a tutti, includere tutti i colleghi, scollarsi dalle logiche individuali per abbracciare quelle universali. Il sindacato, dunque, dà fastidio a chi è contro l’universalità, a chi è contro la trasparenza e a chi vuole continuare a esercitare il “potere” con discrezionalità.E quando parliamo di potere, ad esempio, ci riferiamo a quello della disciplina, che un vero sindacato sarebbe in grado di controllare e redarguire quando abusato.Le forze armate, l’Arma dei Carabinieri esercitano attraverso la disciplina il “non comando”. E per spiegarlo possiamo fare un esempio abbastanza semplice: nel momento in cui arrivi a dare uno schiaffo a un figlio, evidentemente non hai saputo fare bene prima il tuo lavoro di educatore, rendendo non credibile la tua azione di comandante.
Con la disciplina si esercita un’azione di potere ipocrita perché priva di responsabilità. Basti pensare che ci sono ufficiali che hanno fatto carriera con la disciplina. Un sindacato che contrasta queste filosofie, sarebbe un problema serio, quindi meglio chi, silente, siede accanto all’amministrazione. Noi siamo l’unica sigla senza doppio cappello, noi tuteliamo il personale senza conflitti di interesse con l’amministrazione, incarnando quel senso vero e puro di sindacalismo militare che dà fastidio a chi è più propenso a coltivare il proprio orticello anziché tutelare l’interesse collettivo.
Il doppio cappello è una delle piaghe che rallenta il nostro processo.
Permettere che coceristi e cobaristi siedano ai tavoli quando si parla di sindacato, non è ammissibile. Se si vuole fare sindacato, bisogna lasciare la rappresentanza militare e questo sarebbe una prima vera assunzione di responsabilità nei confronti dei colleghi, eliminando ulteriore confusione e il rallentamento del processo sindacale. Ognuno può avere una sua visione, ma su questi argomenti bisogna combattere insieme. Il Comando Generale non è poi così lontano come si pensa. Sono Carabinieri con funzioni dirigenziali ai quali, magari, mai nessuno ha fatto notare che qualcosa poteva essere stata fatta in maniera diversa o che in tema di carenza di organico occorrano determinate e coraggiose riorganizzazioni. Questo può farlo un sindacato reale.
Il vuoto normativo non deve diventare occasione per mettere ulteriori paletti ai nostri diritti, annullando i propositi della sentenza della Alta Corte. Noi tuteliamo i diritti dei cittadini, ma a nostra volta questi diritti non ce li abbiamo, li vediamo negati; ecco perché non dobbiamo accontentarci e dobbiamo lottare insieme: non dobbiamo accontentarci di una legge che, così come concepita, non ci permette di fare sindacato, non ci permette di tutelare dignitosamente i diritti e la serenità degli uomini in divisa.