Torna la Rubrica Voi Figli delle Stelle e ricomincia con una intervista ad Arianna Virgolino, l’agente esclusa dalla Polizia di Stato per via di un tatuaggio sul polso oramai rimosso ed invisibile.
Di seguito l’intervista.
Quando nasce il tuo amore per la divisa?
L’amore per la divisa si può dire sia nato il 10 Ottobre 1988, il giorno in cui sono venuta al mondo. Ricordo ancora benissimo quando all’asilo la maestra chiese a tutti noi bambini cosa avremmo voluto fare da grandi… Con voce decisa, quel piccolo scricciolo che ero, scattò in piedi come se già sapesse mettersi sugli attenti e rispose convinta “La Poliziotta!”. Crescendo ho mantenuto sempre un atteggiamento protettivo nei confronti delle mie amiche; le mamme delle mie compagne quando sapevano che c’ero io, si sentivano più sicure e ci permettevano anche di restare fuori una mezz’ora in più. Praticavo il judo a livello agonistico e ho sempre avuto la testa sulle spalle, lo sport mi ha trasmesso sani valori: la disciplina, la pulizia, l’ordine, lo spirito di gruppo. Ho da sempre stimato moltissimo tutte le forze dell’ordine ma, da adolescente, quella bambina che in un istante affermava di voler fare l’agente di Polizia era stata messa un pò da parte fino a quando, a 20 anni, conoscevo l’amore della mia vita, un bellissimo giovane agente che mi ha fatta innamorare perdutamente di lui e consolidare l’amore per la divisa della Polizia di Stato: Fabrizio mi ha fatto capire che quella bambina all’asilo aveva visto giusto come se fosse già a conoscenza che sarebbe stato quello il suo destino.
Cosa significa per te essere poliziotta?
Mi piace molto la domanda poiché è formulata con il verbo “essere” e non “fare”. Per me è una differenza sostanziale dal momento che ogni poliziotto dovrebbe “essere un poliziotto” e non “fare il poliziotto”. Essere un poliziotto significa avere 24 ore su 24 una responsabilità molto grande nei confronti di ogni cittadino; si sceglie di indossare questa uniforme per vocazione. Prima di partire per il corso di formazione in Polizia, avevo un contratto a tempo indeterminato come responsabile del personale di quattro locali ristorativi siti nella zona del Lago di Garda, avevo un buonissimo stipendio e ogni sera potevo tornare a dormire a casa nel mio letto con il mio piccolo cucciolo, mio figlio. Eppure non ci ho pensato su due volte e, una volta vinto il concorso, mi sono licenziata: dovevo seguire la mia missione, quello per cui poi ho giurato Solennemente Fedeltà. Aiutare le persone in difficoltà o in pericolo, riuscire a proteggerle e poi incrociare il loro sguardo colmo di gratitudine, mi arricchiva il cuore più di qualunque altra cosa, anche più di dieci “brava, ottimo lavoro!” ricevuti dai miei superiori, cosa che accadeva spesso. Non nego che mentre sto rispondendo a questa domanda, sto ripercorrendo nella mente i tanti interventi che ho fatto e mi è scesa una lacrima.
Tutti noi conosciamo la tua storia ingiusta, una storia che prima o poi speriamo abbia dei risvolti positivi e che tu possa ritornare a indossare la divisa tanto amata. Ma cosa è successo esattamente?
Prego ogni giorno che questo terribile errore possa trovare finalmente una risoluzione, grazie per sperare questo assieme a me. Facevo domanda per partecipare a un concorso per allievo agente accessibile anche a chi proveniva dalla vita civile; erano più di 20 anni che non veniva bandito. I candidati erano più di 89 mila ragazzi, sapevo che per superare il primo sbarramento iniziale, data l’elevatissima competizione per soli 1148 posti, mi sarei dovuta applicare molto nello studio. Mio figlio, nel 2017, aveva 5 anni con tutte le naturali esigenze di un bambino di quella tenera età. All’epoca lavoravo a tempo pieno, mi occupavo ovviamente della casa e quindi mi ritrovavo spesso con i libri in mano di notte. Tutti i miei sacrifici però venivano ripagati, l’11 Agosto 2017 svolgevo il test, un questionario di 80 domande, e sbagliavo solo una risposta (la geometria mi è sempre stata un pò antipatica).
Finito il mio esame nella metà del tempo a disposizione ero davvero molto felice e soddisfatta. Nel pomeriggio della stessa giornata conoscevo il mio punteggio: mi ero classificata molto alta in graduatoria e sapevo quindi che mi avrebbero convocata per sostenere le prove del concorso: c’era solo un piccolo ostacolo tra me e la “polo” della Polizia di Stato a cui dovevo assolutamente porre rimedio. Come simbolo della maggiore età, una persona a me molto cara mi aveva regalato un piccolo tatuaggio (a 18 anni non credevo che il mio futuro potesse essere in Polizia, come spiegato in una risposta precedente) e quindi sceglievo di tatuarmi, nella facciata interna del polso destro, un cuoricino con sopra una piccola corona. In Polizia i tatuaggi in zone scoperte da uniforme sono vietati sia per l’accesso ai ruoli che per gli appartenenti già in servizio. Per rispettare dunque la normativa prevista, a malincuore, iniziavo subito il processo di rimozione. Riuscivo a cancellare ogni traccia di inchiostro prima delle visite mediche del concorso, sottoponendomi a ben 9 trattamenti laser, scegliendo anche una terapia molto più invasiva di quella normale. Dopo ogni seduta, l’ustione provocava non poche bolle di sangue ma il relativo dolore svaniva immediatamente quando immaginavo me con il distintivo in mano.
Anche il tecnico della Polizia, a riprova di quanto da me sostenuto, durante l’accertamento medico, dichiarava sul verbale “area di eritema, non distinguibili figure”.Dopo aver letto sulla cartella clinica, che avevo in precedenza compilato, la dichiarazione di aver rimosso un tatuaggio, pensavo che l’accertamento medico fosse andato bene e che potessi proseguire senza problemi agli ulteriori accertamenti previsti dal concorso. Tuttavia, la Presidente della Commissione medica aveva considerato il residuo di rimozione tatuaggio come un tatuaggio vero e proprio: mi consegnò quindi il foglio di non idoneità. Nonostante l’evidente malinteso, non mi perdevo d’animo e impugnavo immediatamente il verbale di esclusione dinnanzi al Tar Lazio. In via cautelare, tramite ordinanza, i giudici mi permettevano di terminare l’iter concorsuale, ottenendo così la mia meritatissima idoneità che mi consentiva di essere convocata per iniziare il corso di formazione presso la Scuola Allievi Agenti di Peschiera del Garda. In quelle quattro mura costeggiate dalle incredibili onde del lago, conoscevo tanti altri ricorrenti per tatuaggio (eravamo più di una decina) con i quali ci scambiavamo i rispettivi provvedimenti amministrativi come quando, da bambini, ci si scambiavano le figurine di calcio: tutti vincevamo nel merito con lo stesso copia e incolla riportato nel giudizio di primo grado. Il destino di noi pari corso, però, nonostante le medesime situazioni, prendeva due strade completamente diverse: qualcuno non riceveva l’appello al Consiglio di Stato da parte del Ministero dell’Interno, qualcuno lo riceveva ma non veniva giudicato poiché l’Amministrazione decideva di ritirare i loro contenziosi; qualcuno, invece, ( e io non potevo che essere in questo gruppo) veniva escluso a seguito della discussione del merito davanti al Consiglio di Stato, creando una disparità di trattamento che ancora oggi logora l’anima. Come dico sempre, i colleghi “salvati” sono nel posto giusto… ma come sono loro tuttora in servizio, dovremmo esserci tutti!
Com’è cambiata la tua vita dopo questa espulsione dalla Polizia di Stato?
La mia vita è stata completamente stravolta, io ho ricevuto l’appello mentre svolgevo regolare servizio presso la sottosezione autostradale di Guardamiglio, in provincia di Lodi. Il mio legale mi avvisava un attimo prima di iniziare il turno serale, mi sono sentita pugnalare allo stomaco (e forse una pugnalata mi avrebbe fatto soffrire meno). Leggevo dalle carte che chiedevano la mia esclusione perché recavo nocumento all’immagine della Polizia. Non facevo altro che domandarmi che danno poteva mai essere un alone sulla mia pelle: se davvero fosse stato così, perché assegnarmi alla stradale che è specialità della Polizia di Stato, sempre a contatto con migliaia di utenti di giorno e di notte? Avrebbero dovuto rinchiudermi in qualche ufficio non accessibile al pubblico. Ancora, perché scegliere me durante i picchetti di commemorazione in presenza di Alte cariche Istituzionali? Nonostante questa spada di Damocle, riuscivo a mantenere la massima lucidità e la giusta attenzione, tanto da ottenere un encomio con annessa proposta di lode per un intervento libera dal servizio. Tutto questo inferno poteva essere risparmiato, doveva essere risparmiato, dopo tutti i soldi investiti per la mia formazione, gli stipendi, il materiale in dotazione… dopo che ormai ero anche io figlia di “mamma” Polizia!
Non ci posso ancora credere, oggi mi sento solo una figliastra e nei miei riguardi la Polizia è stata una vera matrigna. Nonostante tutto il male sofferto, però, la amo ancora e l’amerò per sempre. Mi sto battendo con tutte le mie forze per farle capire che è stato commesso un errore, sperando di poter essere accolta nuovamente in quella che considero casa mia. Senza la divisa, che sento ancora addosso come una seconda pelle, è come se mi avessero strappato qualcosa di vitale.
Tanti tuoi colleghi ma anche sostenitori delle forze dell’ordine, ti sono da sempre vicino. Cosa ti senti di dire a tutti loro?
Non mi sarei mai immaginata tutta questa meravigliosa solidarietà, la vicinanza e il calore che mi trasmettono continuamente i colleghi e non solo, è davvero magia! Ho la posta sempre inondata di messaggi e cerco di leggere sempre tutto. Spesso condivido questi messaggi con gli altri 5 fratelli che hanno subito la mia stessa ingiustizia; ogni parola di conforto ricevuta per noi è pura forza di andare avanti! Io, Karen, Valeria, Sara, Antonia e Claudio siamo i portavoce di una lotta che probabilmente, se andiamo ad analizzare bene, non ci appartiene: insieme stiamo chiedendo l’abolizione di quella normativa sui tatuaggi nelle forze di polizia che noi avevamo comunque rispettato ma siamo mossi da un forte spirito di amore nei confronti di molti ragazzi che verranno dopo di noi e che ci chiedono quotidianamente di non mollare.
A Settembre, in Parlamento, verrà discusso finalmente un disegno di legge: speriamo che tutti i colori politici possano all’unanimità decidere di abolire o quanto meno modificare questa normativa discriminatoria, anacronistica e che lascia troppo spazio alla libera arbitrarietà di chi deve giudicare in sede di accertamento medico. Per esempio, ci sono casi in cui dei tatuaggi che sbucavano fuori dalla manica della polo o comunque visibili con l’uniforme non sono stati oggetto di esclusione e questo, in un Paese come il nostro, non deve accadere! In più, sostengo che una normativa non osservata o osservata solo in determinate circostanze (sconosciute a questo punto) non ha bisogno di essere mantenuta in vigore. Se venisse sempre applicata, non vedremmo ogni giorno poliziotti di ogni reparto ed ufficio, addirittura graduati, con tatuaggi sul collo, sulle mani e sulle braccia, giusto?
Hai avuto la vicinanza della mamma di Marcell Jacobs. Il tuo appello è arrivato anche a lui, lui che fa parte delle Fiamme Oro della Polizia di Stato (Campione Olimpico Tokyo 2020 Oro – 100 metri / Oro – 4×100 metri), un grande campione tatuato. Cosa ci puoi dire in merito?
Marcell Jacobs è un campione indiscusso, è un poliziotto che ha appena ottenuto due meritatissime medaglie d’oro alle Olimpiadi di Tokyo. Io mi sono appellata a lui poiché è il volto della Polizia di Stato a livello mondiale. Non ho potuto non notare, come tutti credo, il fatto che presenta diversi tatuaggi sul suo corpo. Essendo ancora in servizio, deduco che nessuno mai abbia sollevato questioni in merito; non capisco perché nel mio caso e in quello degli altri 5 colleghi, un tatuaggio rimosso ci abbia condannati in questo modo! Per me i tatuaggi sono dei ricordi importanti stampati sulla pelle e sono certa che Jacobs condivida il mio pensiero. Per questo motivo, come confermato anche dalla signora Viviana Masini, la sua splendida mamma, sono convinta che non lascerà decadere il mio appello!
Io non sono nessuno, sono semplicemente una mamma che sta lottando per riprendere la sua uniforme che ormai ha già preso troppa polvere. Solo la mia voce, purtroppo, non riesce ad arrivare fin dove speravo arrivasse; lui invece è giustamente molto noto, con poco riuscirebbe a portare in ogni angolo del nostro amato Paese questo “grido di aiuto”.
Sarebbe già tanto, per la nostra causa, che firmasse e condividesse la petizione che ho creato su change.org in cui chiedo il reintegro di noi sei poliziotti ingiustamente esclusi e l’abolizione della normativa oggetto di discussione.
Il tuo appello è arrivato anche al Presidente Draghi. Hai avuto qualche riscontro?
Purtroppo non ho ancora avuto nessun riscontro dal Presidente Draghi, credo sia molto impegnato, specie in questo momento storico molto delicato e critico. Lo stimo e Lo ammiro profondamente, sarei così onorata di poter essere convocata da Lui. Chissà se mai riceverò una chiamata…per me sarebbe un vero e proprio dono prezioso.
Non sei l’unica a lottare per questa battaglia, anche molti altri tuoi colleghi stanno vivendo la tua stessa situazione. Come ti immagini tra un anno?
La mia lotta è condivisa da sei poliziotti che vogliono solamente poter tornare a fare quello per cui abbiamo gridato “LO GIURO” pieni di gioia, fierezza e orgoglio. Non può finire tutto così, questa battaglia ci sta togliendo tante energie ma non molleremo, uniti ci stringiamo ogni giorno, ci sosteniamo a vicenda… In fondo stiamo solo facendo quello che la Polizia ci ha insegnato: mai lasciare indietro un fratello, se uno cade tutti sono pronti a sollevarlo.
Tra un anno mi rivedo a bordo della vettura della stradale, magari a Verona Sud: è notte e il mio volto si illumina del colore blu dei lampeggianti, il mio cuore si sincronizza al suono della sirena, sul verbale scrivo di nuovo “Agente Arianna Virgolino”, sono serena… quello che ho passato è tutto solo un brutto ricordo lontano!
Credi ancora nella giustizia?
Io sono nata sotto il segno della Bilancia, la bilancia è il simbolo della Giustizia. Io ci credo ancora, qualcuno magari mi chiamerà “povera illusa” chissà… ma per ora so che prima o poi io e i miei fratelli riusciremo a ottenerla!
In ultimo, la rubrica è dedicata a due grandi poliziotti morti in servizio “Pierluigi e Matteo”. Un tuo messaggio per tutte le Vittime in Servizio e le loro famiglie.
Ero ancora in servizio quando ho accolto con estremo dolore la notizia di Pierluigi e Matteo, non mi vergogno ad ammettere che la canzone “Figli delle Stelle” mi fa ancora piangere. Ogni volta che ci lascia un fratello si porta con se un pezzo della nostra anima, ogni volta che ci lascia un fratello in questo modo, ci lascia un vuoto incolmabile assieme ad una forte rabbia. Guardamiglio ha pianto tre colleghi, ogni volta che iniziavo il turno guardavo le loro foto appese e chiedevo di vegliare su di noi.
Mi stringo forte a tutti i familiari di questi angeli volati in cielo prima del loro tempo, che possano le loro ali essere lo scudo dei loro genitori, mogli, mariti e figli.