Di Monica Giorgi – Presidente NSC
Nelle settimane successive all’incontro avvenuto tra una delegazione NSC ed il Comandante Generale dell’Arma, ci è giunta notizia che per il personale femminile sarà finalmente possibile l’impiego presso i reparti della 1^ Brigata Mobile, ovvero i Battaglioni. Nell’occasione sopra menzionata, il Comandante Generale si è mostrato aperto e disponibile all’ascolto di questa criticità che ho avuto modo di rappresentargli personalmente, nella quale è stata mia premura evidenziare il senso di frustrazione diffuso tra le colleghe – me compresa – di fronte ad un’Arma dei Carabinieri nella quale sino ad oggi non ci è stato realmente concesso di metterci in gioco, alla stregua dei colleghi, per ambire a qualsivoglia realtà professionale, e di come questo negli anni è stato recepito come un implicito messaggio di inadeguatezza, che ci ha colpite tutte, indipendentemente dalle aspirazioni di ognuna. Come NSC possiamo ritenerci felici del risultato ottenuto oggi, ma non soddisfatti: purtroppo, permane ancora l’ASSENZA pressoché totale di donne in qualsiasi ambito della 2^ Brigata Mobile, eccezion fatta, negli anni, per pochissime Ufficiali. In vent’anni di donne nell’Arma, non ci sono mai state iniziative concrete volte ad un ingresso delle donne in suddetto comparto. Nello specifico, nessuna collega è mai riuscita neppure ad accedere in quei settori della 2^ Brigata nei quali non si entra tramite interpellanza (escludendo pertanto il 1° Rgt CC Par. Tuscania, 7° e 13°). Se ciò fosse accaduto, in questi anni anche la mentalità di molti (e di molte) sarebbe cambiata, con ripercussioni positive anche in merito all’eventuale ingresso di donne in reparti come 1°, 7° e 13°. Non si sarebbe contribuito ad alimentare quel circolo vizioso di autosegregazione a causa del quale molte colleghe – continuando a vedere che nessuna riusciva ad accedere, neppure in mansioni d’ufficio – hanno finito per scoraggiarsi, convincendosi di essere “naturalmente inadatte” per certi settori, quando invece certe retoriche maschiliste altro non sono che il frutto di costruzioni culturali ben precise. Non solo: relativamente alle preselezioni per i reparti sopra menzionati (1° Tuscania, 7° e 13°) – che molto spesso avvengono nei vari istituti di formazione dell’Arma – dal 2000 in poi sono state molte le ragazze che vi hanno partecipato e che hanno superato le relative prove fisiche. Tutte loro sono poi sempre state sistematicamente ESCLUSE, in sede di destinazione e a prescindere dai risultati ottenuti, dalla linea mobile. Questa palese discriminazione va senza dubbio ad incidere sul profilo professionale del personale femminile, ripercuotendosi negativamente sulla progressione di carriera, con riflessi anche sul piano economico. E questo, nonostante l’uguaglianza formale e sostanziale in materia di pari opportunità tra donne e uomini nelle Forze Armate è espressamente prevista dall’art. 1467 del Codice dell’Ordinamento Militare Il motivo per cui accade tutto questo ha un nome: si chiama PRIVILEGIO, inteso come avere delle possibilità che invece ad altri (in questo caso ad altre) sono impedite semplicemente per essere nati in un particolare modo, ovvero per delle caratteristiche che non dipendono né dal merito, né dalla volontà. Chi detiene un privilegio non lo cederà mai spontaneamente. Un po’ com’è accaduto con la legge Sirchia, senza la quale i fumatori non avrebbero mai smesso di fumare nei locali pubblici, non sarebbero stati “educati” a pensare che il loro diritto di fumare viene dopo il diritto – di tutti quanti – di respirare. Come Sindacato riteniamo che affinché avvenga un cambiamento culturale nella giusta direzione, quello che bisogna consentire è l’assunzione di responsabilità della persona, uomo o donna che sia, senza far venir meno l’efficienza dei vari contesti professionali: in certi reparti sarebbe sbagliato stabilire un abbassamento degli standard per consentire l’ingresso al personale femminile. La soluzione ideale è quella di fissare identici requisiti fisici consentendo l’ingresso solo a chi è in grado di soddisfarli. Coloro che non li raggiungono, che siano uomini o donne, rappresenterebbero infatti un pericolo per sé stessi e per gli altri. Considerato quanto sopra, NSC ha chiesto al Comando Generale di attuare una urgente verifica e rimozione delle evidenti discriminazioni derivanti dal sesso delle lavoratrici, non più accettabili dopo vent’anni di donne nell’Arma. Solo una volta cambiate certe mentalità potremo iniziare a parlare di parità.