“E’ ormai di dominio pubblico che l’obbligo del “lasciapassare”, già abusato nel mondo laico rispetto alla sua ratio applicativa, sia diventato anche un problema interno al mondo degli uomini in divisa del Comparto Sicurezza e Difesa della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria”.
Lo scrivono in una nota i sindacati Autonomi di Polizia, Fs.Co.Sp, Sim Guardia di Finanza, Silma, Anip Italia Sicura, Unarma Asc e Scudo Carabinieri.
“La laconica giustificazione fornita a suffragio di questo abominio è stata quella che se il controllore deve controllare l’applicazione della norma, è il controllore per primo che deve attenersi alla norma. Affermazione discutibile! Perché, se è vero che tutti devono rispettare le norme, senza distinzione di appartenenza a questo o a quell’ambito lavorativo, è pur vero che la stessa norma porta con sé degli accenti di differenziazione tra le diverse realtà, così come gli ospiti di un albergo. Non riusciamo a comprendere come ad esempio gli ospiti di un albergo non sono tenuti all’esibizione del “lasciapassare” per accedere al servizio di ristorazione interno e mal si comprende perché gli uomini in divisa non rientrano in una eccezione similare.
Comprendiamo che le direttive del Governo hanno obbligato i Dipartimenti ad inviare le circolari sull’obbligo del green pass all’interno delle mense del personale in divisa ma sarebbe stato opportuno dare disposizioni alle periferie su come gestire le problematiche poiché stiamo assistendo al “mercatino delle occasioni” e aggiungiamo “ perse” poiché le “ pezze a colori” messe in campo per permettere una fruizione ai colleghi di un pasto caldo sono fantasiose ed in spregio a qualsiasi norma di tutela della salute fisica e psicologica del lavoratore.
Ecco che si vedono le scalinate della mensa in ricordo del telefilm anni 80 “i ragazzi del muretto” che diventano luogo di consumazione del pasto, oppure disposizioni di Dirigenti che autorizzano a prelevare il vassoio con il pasto caldo da consumare in ufficio o ancora i gazebo – pardon “tensostrutture” – montati nel parcheggio della Questura di una città italiana, a mo’ di gita fuori porta il giorno di Pasquetta, o ancora i cofani delle autovetture a mo’ di tavolo.
Queste fantasiose soluzioni, figlie delle mancate direttive dall’alto non tengono conto dei danni incalcolabili in tema di “STRESS DA LAVORO CORRELATO”, “RISCHIO BIOLOGICO”….solo per citare due tra i rischi più attenzionati dalla normativa 81/08.
Le mense sono sotto l’egidia della disciplina della Legge 81/2008 e ove il datore di lavoro non possa garantire a tutti la fruizione in condizioni di sicurezza, deve trovare un luogo che garantisca le stesse condizioni e ovviamente con personale annesso che igienizza i tavoli e le sedie e garantisca l’idoneità come una stanza qualunque. Quanto al rischio biologico, a tutt’oggi non risulta che l’ufficio (per chi ha la fortuna di svolgere servizio burocratico) sia luogo idoneo alla consumazione del pasto per la presenza di agenti patogeni derivanti dal carteggio, dagli strumenti di lavoro e da quant’altro provenga da un ambiente destinato al lavoro e non alla pausa di ristoro. Né tantomeno si può considerare sicuro dal punto di vista batteriologico un tavolino montato sotto un gazebo in un parcheggio; questo va bene per una scampagnata, non per un servizio annesso ad una attività lavorativa, ove il Datore di Lavoro ha l’obbligo per legge di salvaguardare la salute e la sicurezza dei propri lavoratori.
I colleghi “con la stella gialla” si stanno sentendo umiliati, derisi, non ascoltati e non tutelati dall’Amministrazione che servono valutato che se non c’è stato un obbligo alla vaccinazione la scelta ad oggi resta libera. E’ certo che la certificazione verde covid-19, c.d. green pass, sia uno strumento che non assolve a specifiche esigenze sanitarie, ma che di fatto mira ad “incentivare”le vaccinazioni è conoscenza comune, ma da qui ad utilizzarlo come una clava anche su questioni attinenti allo svolgimento del servizio obbligatorio ce ne vuole. I colleghi più fortunati, quelli con il lasciapassare, stanno comunque soffrendo una campagna mediatica di svilimento della divisa che indossano poiché dopo il famigerato pasto in mensa i vaccinati e i non vaccinati potranno continuare a prendere sassate insieme, essere aggrediti dai rivoltosi o dai psichiatrici o viaggiare insieme sullo stesso blindato privo di aerazione.
Inoltre, appare evidente la violazione dell’art 1465 comma 3 del codice dell’ordinamento militare ove si stabilisce che deve essere garantita nei rapporti personali la pari dignità di tutti i militari.
Inoltre lanciamo un proposta per certi versi provocatoria al personale tutto: aderiamo all’iniziativa di devolvere volontariamente i pasti dichiaratamente non fruiti alle associazioni dei familiari vittime covid. Iniziativa provocatoria poiché i lavoratori in divisa vogliono recuperate la dignità della propria funzione e certamente ci rifiutiamo all’elemosina del sacchetto o del pasto consumato nello sgabuzzini”