Quando si parla di manifestanti e forze dell’ordine, molto spesso la linea che divide il sacrosanto diritto di manifestare liberamente e il terrorismo di piazza, è quasi invisibile. E questo non perché la polizia eserciti un’azione repressiva e violenta sulle altrui libertà ma, al contrario, perché proteste anche nobili nel loro intento, diventano pretesto utile ai facinorosi per inveire contro le forze dell’ordine.
I disordini che si sono registrati sabato scorso in Val di Susa, a causa di un corteo deviato da quella che era l’iniziale manifestazione, ossia il “Festival dell’alta felicità”, hanno nuovamente restituito una realtà di violenza gratuita e di odio contro le istituzioni che i poliziotti rappresentano.
Diversi manifestanti dell’area antagonista hanno iniziato a lanciare oggetti e bombe carta contro i poliziotti del Reparto Mobile. Uno degli ordigni artigianali è esploso proprio ai piedi di un collega. La deflagrazione ha frantumato la visiera dell’ubot, ossia il casco in dotazione, lesionando la parte superiore dello stesso. Non solo, il collega ha riportato anche delle ustioni alle gambe.
La sua fortuna è stata quella di indossare una maschera antigas che ha evitato conseguenze ben peggiori, come il volto deturpato o la perdita di uno o entrambi gli occhi.
Sembrerà assurdo, ma ogni volta che accadono disordini del genere dobbiamo ringraziare la fortuna che ci accompagna durante il percorso, ma sappiamo bene che in guerra non si va armati di fortuna, né con le scarpe di cartone. È ora che chi di dovere inizi a comprendere che scendere in campo per i poliziotti impegnati nei servizi di ordine pubblico, sta diventando una roulette russa e che se al primo giro ci va bene, non significa che dopo sarà lo stesso.
A casa, ad aspettarci abbiamo mamme, mogli, mariti, figli, una famiglia che merita di vederci tornare a casa sani e salvi.
È ora che qualcuno si rimbocchi le maniche e fornisca le giuste tutele per i colleghi, a partire da equipaggiamenti idonei e strumenti che ci permettano di fronteggiare attacchi vili come quelli dei facinorosi, senza portarci i cocci delle molotov nelle gambe; è ora di intervenire su un impianto normativo monco che non è in grado di assicurare la giusta pena a chi commette reati di violenza contro chi veste la divisa. Andrebbe introdotto il reato di terrorismo di piazza per i violenti che nelle piazze sono ben lontani dal manifestare pacificamente e senza armi come previsto dalla nostra Costituzione.
Siamo poliziotti e ancora prima uomini e donne. Non siamo carne da macello né, martiri prestati alle strumentalizzazioni politiche che ci vogliono criminali e marchiati come il bestiame. Le violenze andrebbero raccontate tutte. Comprese quelle che subiamo ogni giorno, che omettiamo di raccontare ai nostri cari per non farli preoccupare. Le ferite che ci medichiamo in silenzio, anche quando veniamo abbandonati a noi stessi, con le dita puntate e colpevoli, per taluni, di servire lo Stato.
Fabio Conestà, autore di questo articolo per Forze Armate News, è il Segretario Generale del Mosap (Movimento Sindacale Autonomo di Polizia)