Nella giornata del ventinovesimo anniversario della strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina, è vivo il ricordo di servitori dello Stato che hanno perso la vita per sostenere un’idea forte di legalità, scevra da ogni forma di compromesso, con una coerenza di pensiero declinata quotidianamente in un’azione costante per la costruzione di una società più giusta.
Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e tutti gli uomini delle Istituzioni dei quali ricordiamo, con gratitudine, il sacrificio nell’adempimento del servizio alla comunità, rappresentano ancora oggi un importante esempio di coraggio e di passione civica capace di dare concretezza ai valori fondanti della democrazia, in primo luogo il rispetto delle regole e dei diritti fondamentali della persona.
Attraverso il loro ricordo, questi servitori dello Stato continuano a far camminare sulle gambe di altri uomini – non solo appartenenti alle Istituzioni – la consapevolezza che ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte per un futuro migliore, in cui dignità e moralità possano sempre trovare adeguato riconoscimento.
Il pool antimafia costituitosi negli anni ottanta, da avamposto di contrasto al dilagare del fenomeno mafioso, con le sue intuizioni investigative e gli innovativi metodi di indagine messi in campo, ha saputo gettare il seme di una moderna politica criminale capace di articolare su più fronti – anche quello preventivo – una risposta strutturata dello Stato.
Su questa scia, anche il Ministero dell’interno, le sue articolazioni, le donne e gli uomini che ne fanno parte, sono da sempre in prima linea nel contrastare tutte le forme di sopruso e di sopraffazione che connotano il crimine organizzato, a tutela delle libertà fondamentali, non negoziabili, e a sostegno delle fasce più vulnerabili della società, maggiormente esposte all’azione delle mafie.
Il vile attentato che si è consumato a via D’Amelio nel 1992 – dopo soli 57 giorni dall’altro tragico assassinio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini che li proteggevano – se ha tolto la vita al giudice Borsellino e ai valorosi agenti della scorta, non ne ha distrutto il patrimonio morale e professionale, divenuto anzi patrimonio collettivo.
Il pensiero oggi va, con profonda commozione, a tutte le vittime della criminalità organizzata, alle loro famiglie, a tutti coloro che hanno vissuto questi drammatici eventi come superstiti o testimoni, rinnovando l’impegno delle Istituzioni nella quotidiana azione a sostegno dell’interesse generale e del bene comune.