Maria Esmeralda Ercoli è una donna di 52 anni. Per 27 anni è stata una poliziotta, ha servito il suo Paese. Nel 2016, non essendo più l’ambiente quello di una volta, si è prosciolta per andare all’estero, poi però ha capito che la Polizia le mancava. A fine del 2016, ha intrapreso l’iter per il reintegro in Polizia. Benché questo sia previsto dall’Amministrazione, dopo 13 mesi dall’avvio della pratica, Maria Esmeralda riceve una comunicazione con la quale il Ministero dell’Interno rigettava la sua richiesta per sopraggiunti limiti di età.
Maria Esmeralda ricorre al Tar. La sua istanza viene accolta e il tribunale amministrativo regionale sottolinea che l’età anagrafica non rappresenta un limite per l’istituto del reintegro.
Nel maggio del 2018, viene convocata a visita presso gli ambulatori del Ministero, dove solitamente avvengono le selezioni.
Maria Esmeralda ripete dunque, tutta la fase concorsuale, eccetto i test di cultura generale. Si sottopone a visite mediche, Minessota test e colloquio con lo psicologo. A Maria Esmeralda viene chiesto di parlare dei suoi 27 anni in Polizia e poi altre domande relative al rapporto con la famiglia. Maria Esmeralda parla molto bene dei suoi genitori, evidenziando un rapporto di fiducia con suo padre.
Poi le viene chiesto come mai non sia diventata madre: «Questa condizione non mi rende felice ma nemmeno infelice, non ha nessuna valenza per me! Non è stata una scelta il non aver avuto figli, non ho avuto scelta, ed è diverso! La vita a volte non va come desidereremmo. Se mi fermo a pensare talvolta mi dispiace, ma tutti siamo insoddisfatti per qualcosa, posso solo affermare che chi mi conosce, asserisce che con i bambini sono in gamba e ciò mi rende orgogliosa. Penso che sarei stata un bravo genitore» ci racconta.
Poi ancora altre domande: “Hai qualcosa che non va? Hai ancora le mestruazioni?”
Domande che, secondo Maria Esmeralda, poco attengono con quanto sta facendo lì quel giorno.
«Che attinenza ha il ciclo mestruale con l’idoneità? Eppure, non ho mai fatto assenze in servizio durante i giorni del ciclo».
Ancora, le viene fatto notare che il suo modo di gesticolare non va bene. Le viene chiesto come dovrebbe essere l’uomo della sua vita. Alla fine di due giorni di colloqui con ben due psicologi e la positività dei test psico attitudinali, viene tracciato il profilo di Maria Esmeralda: anaffettiva, con difficoltà a relazionarsi con gli altri e contati d’ansia a rilevanza clinica. Eppure, come la stessa racconta: «non sono mai stata un soggetto problematico in servizio ma nemmeno nella vita».
Arriva la pronuncia della commissione: non idonea.
Dopo diverse difficoltà per accedere agli atti, Maria Esmeralda decide di fare ricorso.
«Ho prodotto una controperizia, questa volta i test sono stati eseguiti in forma estesa e completa, non nel modo abbreviato adottato dal Ministero, e anche queste prove, come quelle fatte a Roma mi collocano nei parametri della normalità e dell’adeguatezza.
Il perito di parte non ha rilevato ansia in me, nemmeno ansia sociale, nulla. A causa dei ritardi procurati dal Ministero, ho potuto allegare questa controperizia, solo il giorno dell’udienza, ma non il giorno dell’iscrizione del procedimento, per tale motivo il collegio di giudici non l’ha nemmeno presa in considerazione. Parliamo di una controperizia costata quasi 1000 euro».
L’esito del Tar è sfavorevole, nonostante l’avvocato di Maria Esmeralda avesse evidenziato l’enorme discrepanza tra il suo rendimento lavorativo e quanto asserito dalle psicologhe, specificando ed elencando tutti quelli che lui ha etichettato come “falsi ideologici” contenuti nel profilo da queste compilato.
Maria Esmeralda ha provato anche a rivolgersi ai sindacati di Polizia dai quali non ha avuto risposte e, con uno in particolare è finita in tribunale con conseguente risarcimento per aver ingiuriato il collega sindacalista.
«Non vado per niente fiera dei miei comportamenti e reazioni. Non sono mai stata persona litigiosa oppure collerica, anzi, sono conosciuta per la mia proverbiale calma, ma ho ingiuriato il mio collega, perché ha sempre minimizzato ogni cosa, mi ha fatto pesare il fatto che non ero iscritta alla sua sigla dicendomi “tu non sei più di nostra competenza”, parole che pesano come un macigno. Ho pagato il mio debito con la giustizia e ho offerto una soluzione risarcitoria e su volere della parte lesa ho versato 2.000 euro sul fondo Marco Valerio della Polizia di Stato, il fondo che aiuta gli appartenenti che hanno bambini speciali. L’ho fatto volentieri. Non ho mai alzato le mani, non sono nemmeno manesca, ho usato solo espressioni verbali molto colorite. Eppure quel collega lì, sa esattamente che persona e che collega sono.
Prima di esplodere avevo chiesto l’intervento ed intercessione dei probiviri, ma anche questa mia richiesta non è stata evasa».
La sentenza nei confronti di Maria Esmeralda è stata di non luogo a procedere con contestuale cancellazione del reato dal casellario giudiziale.
Maria Esmeralda non è l’unica poliziotta che lotta contro una destituzione ingiusta. Ricordiamo il caso di Arianna Virgolino, cacciata dalla Polizia per un tatuaggio rimosso prima delle visite mediche. E come lei, come loro, tanti altri. Alcuni hanno addirittura tentato il suicidio.
«I sindacati muti, non rispondono nemmeno alle mail, pensavo che solo le istituzioni incapaci non rispondessero alla posta elettronica, certificata oppure no, e invece lo fanno anche loro. Se non avessi incontrato Arianna Virgolino ed altri colleghi in questa precaria ed ingiusta situazione non mi sarei risollevata».
Maria Esmeralda ha lavorato tanti anni presso la sezione Volanti al Nord Italia e anche come poliziotto di quartiere e stradale. Nessuna nota di demerito, solo parole di lode ed encomi.
Maria Esmeralda vuole giustizia e vuole tornare a servire il suo Paese, nonostante tutto il dolore, le difficoltà e nonostante quelli che stanno dalla parte dei colleghi di “competenza”.