Quando ho iniziato il mio percorso professionale nei Carabinieri ricordo, nei miei primi dieci-quindici anni, quando le visite dei generali per quanto simili a quelle di oggi nell’assistere al panico dei giorni precedenti nel preparare tappeti rossi, sistemare i fiori e le aiuole, lucidare l’asfalto delle strade interne, contare ogni pezzo di equipaggiamento (non riesco ancora a capire nel ventunesimo secolo le continue e stesse richieste di esistenza materiali, visto che basterebbe una digitalizzazione con passaggi registrati nei diversi comandi per avere dati in tempo reale e non chiedere sempre le stesse cose), concedevano però uno spazio importante al confronto, invitando i Carabinieri che volevano esternare problemi personali o di reparto a richiedere “udienza” al generale di turno, confermando un senso di comunicazione bi-laterale che allora esisteva senza ostentazioni e che oggi invece, nonostante sia sbandierata in ogni discorso, non viene alimentata come dovrebbe. Ormai si vedono questi generali entrare e uscire negli uffici alla velocità della luce, spesso senza neanche alzare gli occhi verso i Colleghi che ci lavorano, proprio per evitare qualsiasi interruzione o domanda che potrebbe far vacillare la loro sicurezza e interrompere la corsa verso un sicuro ufficio dove non incontrare qualcuno che possa mettere in dubbio il loro modo di tutelare e preoccuparsi del personale, mentre il codazzo segue con sguardi impauriti, quasi terrorizzati dalla possibilità che qualcuno potrebbe far balenare il sospetto che “il re è nudo”.
A cosa serve fare una visita se non se ne coglie l’opportunità per tastare l’effettiva situazione, cosa succede veramente, e raccogliere le reali criticità da parte di chi “manda avanti la baracca”?
A cosa serve il recente incremento delle ispezioni richieste ai dirigenti nella territoriale, se poi i Carabinieri che le utilizzano saggiamente per esternare problemi non li vedono risolti a livello di comandi di corpo, né se gli stessi sono portati all’attenzione del comando di vertice per un intervento più efficace dove quella catena di comande sembra inefficace nel trovare soluzioni, magari ricevendo feedback e il riconoscimento per la costruttiva collaborazione fornita?
L’ascolto e la considerazione del personale devono prevalere, il rapporto continuo tra dirigenti e i loro collaboratori deve essere continuo, non si può incontrare il personale e poi avere il timore di essere confrontati. Non vorrei ricordare male, ma nell’ordinamento militare non mi sembra ci siano articoli che prevedono e puniscono il reato di “lesa maestà”.
D’altra parte invece vediamo una particolare attenzione da parte dei Comandanti di Corpo, nel preoccuparsi della salute dei propri dipendenti. È dell’8 marzo scorso una disposizione del Comandante della Legione Abruzzo e Molise che vieta e minaccia di azioni repressive i Carabinieri che svolgono attività di volontariato, adducendo motivazioni ispirate dalla possibilità di correre rischi di contagio. Voglio ricordare al Generale che ha firmato questa lettera, che non ci siamo dimenticati che diversi suoi colleghi di ruolo, nonostante fosse già stato dichiarato lo stato di emergenza pandemica a gennaio del 2020 ed erano già note le disposizioni relative all’utilizzo dei DPI, nei primi drammatici mesi proibivano l’uso delle mascherine perché dicevano con orgoglio che “non siamo mica infermieri”?
Come non ci scordiamo quando la richieste del Nuovo Sindacato Carabinieri (#ilsindacatodelcarabiniere) allo stesso Comando (e a tanti altri) di adottare le tute da OP in quei giorni difficili, per permettere lavaggi rapidi e continui nell’ottica di tutelare il personale dal rischio di infezione, sia caduta nel vuoto, nonostante anche il presidente del Cobar e vicepresidente del Cocer, vice comandante della stessa legione, lo avesse suggerito in una delibera votata all’unanimità sull’onda delle richieste sindacali.
I Colleghi che fanno volontariato nelle loro ore libere continuano e alimentano il concetto di servire la Popolazione che è perfettamente e naturalmente innato nel Carabiniere; sono Uomini che sono perfettamente integrati nelle loro comunità, che vengono riconosciuti per la loro generosità e che sanno perfettamente come proteggersi dai rischi sanitari. Proibire e, soprattutto, minacciare chi vuole dedicarsi al prossimo è semplicemente non aderente a quei valori che permeano l’azione dei Carabinieri che sono immersi nel quotidiano, dal 1814.
A me sta venendo voglia di andare a fare volontariato, chi la pensa come me?