di Luca Andrieri, Segretario provinciale LeS Roma.
Il sindacalista ci invia questo contributo e conferma quanto scritto dalla giornalista Elena Ricci nel suo articolo: “In macchina per ripicca. Ecco perché i poliziotti più anziani “fuggono” dalle volanti”
Sono gli operatori di prossimità, quelli che incontrano i cittadini, li aiutano nei momenti di difficoltà e li consolano nei momenti di paura. Sono quelli che prima di tutti arrivano sul luogo dell’intervento. Il loro volto è quello della Polizia di Stato, dell’Amministrazione di pubblica sicurezza, di chi svolge incarichi dirigenziali o lavora negli uffici delle Questure e dei Commissariati. Sto parlando di chi, ogni ora di ogni giorno dell’anno sta a bordo delle Volanti della Polizia di Stato. Uomini e donne che con spirito di sacrificio e abnegazione si sottopongono a turni di lavoro, il famoso “turno di quinta”, che come ricordano moltissimi colleghi impone ritmi personali e familiari scanditi da orari di lavoro notturni e diurni che mettono sotto stress ed in difficoltà anche gli animi più temprati. Se oggi parliamo di Volanti, uno dei reparti che ha segnato la storia della Polizia di Stato, lo facciamo grazie allo squarcio nel velo della bella apparenza praticato grazie all’articolo “In macchina per ripicca. Ecco perché i poliziotti più anziani fuggono dalle volanti”. Non possiamo non condividere quanto riportato nero su bianco dalla giornalista Elena Ricci. Ce lo impone il nostro impegno come sindacalisti della confederazione LeS e come uomini al servizio dello Stato e della collettività. Perché, è vero, con gli anni prestare servizio sulle Volanti è quasi diventato una punizione, qualcosa da cui scappare perché come ci dicono moltissimi colleghi «la Polizia è cambiata e non è più quella di una volta». E quindi, oggi, è arrivato davvero il momento di capire che Polizia siamo ma soprattutto che Polizia vogliamo essere. Perché gli esodi dalle Volanti così come i trasferimenti forzati a reparto solo perché si svolge il proprio lavoro con correttezza, facendo prelevare sempre il buon senso e guadagnandosi le “inimicizie” di funzionari o dirigenti è un atteggiamento che non vogliamo e non possiamo più permettere. Il capitale umano che perdiamo in termini di professionalità ogni volta che un operatore di polizia in servizio alle Volanti lascia è un danno prima ancora che all’Amministrazione a tutti gli italiani. L’esperienza di chi ha maturato anni a bordo delle “macchine” dovrebbe essere valorizzata e trasmessa a chi è chiamato al reparto al termine del corso di formazione. Questa esperienza, dovrebbe essere valorizzata ancora di più in questo periodo, in cui a causa della pandemia gli allievi agenti sono costretti ad un tipo di formazione che si divide per metà tra centri di formazione e sessione in e-learning. L’esodo delle Volanti ha però anche altri fattori che non possono essere sottaciuti. Iniziamo dalla dotazione tecnologica: la criminalità organizzata è molto meglio equipaggiata. Servono mezzi che siano in grado di fornire celerità e sicurezza nell’intervento. Da mesi, in piena pandemia, denunciamo la carenza di dispositivi di protezione individuale che per chi svolge il servizio delle Volanti, considerata la peculiarità degli interventi sono fondamentali. Non c’è stata programmazione, si è contato solo sulla passione dei poliziotti esperti e dell’entusiasmo di chi ha indossato la divisa per la prima volta proprio prestando servizio nel reparto. Adesso che la discussione è stata aperta bisogna alimentarla attraverso un confronto che sia schietto e sano, perché dalla “sofferenza” delle Volanti deriverà inesorabilmente la sofferenza di tutti i cittadini onesti e il proliferare degli episodi criminali.