La Polizia Penitenziaria adotta i randagi e li trasforma in cani-poliziotto antidroga
Il primo è stato Lillo. Angelo De Feo, oggi responsabile del Gruppo Cinofili di Asti, l’aveva scelto nel 2001: “Era un meticcio dall’istinto infallibile, un fenomeno: il migliore nella fase di addestramento, uno stato di servizio eccezionale”. Lillo veniva dal canile municipale di Asti, adottato quasi per caso da De Feo per uno dei primi corsi di formazione che all’epoca vedevano gli agenti penitenziari in veste di allievi della Guardia di Finanza: “Le Fiamme Gialle vantavano anni di pratica nel settore, noi stavamo iniziando allora”.
I finanzieri avevano da sempre un proprio allevamento e la Polizia Penitenziaria in quella fase ancora vi ricorreva per selezionare gli elementi più adatti: anche se nessuno aveva il talento dimostrato da Lillo.
Nel 2013, quando le esigenze di bilancio costrinsero l’amministrazione a rivedere lo stanziamento, il Gruppo di Asti fu autorizzato percorrere altre strade: e si fece tesoro di quell’esperienza.
De Feo e i colleghi si recarono a visitare i randagi abbandonati nei canili, reclutandoli e trasformandoli in ‘cani poliziotto’, a costo zero: “Non era solo una questione di spesa – spiega De Feo, ora Assistente Capo Coordinatore – anche se un cane allevato costa fino a 3500 euro.
Col tempo abbiamo capito che i cani di strada hanno un vissuto particolare, un patrimonio di esperienza che li rende particolarmente adatti al servizio che devono svolgere”.
L’ ADDESTRAMENTO
L’addestramento dura circa quattro mesi e viene condotto come un gioco, un metodo che si basa su gratificazioni e ricompense, escludendo qualsiasi elemento punitivo: “Il servizio operativo è essenzialmente quello antidroga, che viene svolto sia in istituto che all’esterno, nelle scuole, nelle stazioni, sul territorio.
Talvolta spacciatori o narcotrafficanti adottano pratiche diversive per trarre in inganno il cane, ma se si ha abbastanza tempo a disposizione il fiuto dell’animale vince sempre”.
Nulla impedirebbe di ampliare le competenze ad altri settori – armi ed esplosivi, resti umani, inseguimenti – perché le metodiche di addestramento sarebbero le stesse: “Ma rispettiamo le consegne e comunque saremmo pronti, se l’Amministrazione Penitenziaria decidesse altrimenti”, spiega De Feo.
VENTI ANNI DI ATTIVITA’
In quasi vent’anni di attività sono state diverse centinaia i randagi visionati dal Gruppo di Asti, e i selezionati sono destinati anche ai distaccamenti sul territorio che al momento vedono impegnati circa 60 conduttori e 65 cani in quasi tutte le regioni: “Attualmente stiamo effettuando selezioni un po’ in tutta Italia: nei giorni scorsi abbiamo adottato Lana, Pablo e Duncan, ma contiamo di arrivare a circa 25 unità per un corso di formazione che si terrà alla fine di settembre”.
“Come li scegliamo? Ormai è diventata quasi una questione ‘di pelle’: ma in certi casi li guardiamo negli occhi, certi cani è come se ti chiedano di essere portati via”. Nasce così, quasi d’istinto, un rapporto destinato a durare anche 7 o 8 anni: “Il binomio funziona, ha una base affettiva, ma ciò non esclude che il cane possa essere utilizzato anche da altri conduttori”.
“Una volta eravamo noi a dover imparare, oggi invece facciamo da istruttori anche ai conduttori e ai cani destinati alle diverse polizie locali”. Col tempo Angelo De Feo e Lillo hanno fatto scuola, con i tanti che hanno seguito quell’esperienza pionieristica, nata fuori dalle convenzioni. Dalla passione degli specialisti della Polizia Penitenziaria, puntando sull’istinto dei randagi.
Fonte: gnewsonline.it