“Accogliamo con soddisfazione la convalida dell’arresto del giovane che ieri a Vicenza si era intromesso nel lavoro di una volante, intervenuta per sedare una rissa e che, in conseguenza di ciò, gli aveva chiesto di farsi identificare, così come previsto dalla normativa. Il ragazzo aveva cercato di allontanarsi, obbligando gli operatori a bloccarlo, al che aveva reagito violentemente”.
Così il segretario generale di ES Polizia, Vincenzo Chianese, che aggiunge: “Se si guarda il filmato senza pregiudizi appare incredibile ed assurdo fare parallelismi con il povero George Floyd, che per otto minuti è stato costretto a terra con un ginocchio sul collo, o parlare di un inesistente tentativo di strangolamento del giovane, ma anche solo di aggressione da parte del poliziotto”.
“Riteniamo grave” – prosegue – “che taluni abbiano tentato gettare sull’episodio l’ombra del ‘razzismo’, che – come sottolinea il questore Messineo – è distante anni luce dai poliziotti vicentini i quali, invece, operano sempre con professionalità ed imparzialità, a tutela della legalità e di tutta la comunità, proprio come è avvenuto ieri e come ha confermato in pieno l’Autorità giudiziaria”.
“Ben venga l’indagine interna disposta dal questore, la Polizia di Stato è una casa di vetro che non ha nulla da nascondere ma,” – si accalora il segretario di ES – “è inaccettabile il solito tritacarne mediatico cui viene regolarmente esposto ogni donna ed uomo in divisa prima che siano verificati i fatti, quasi che ci fosse verso i tutori dell’ordine una sorte di ‘presunzione di colpevolezza’”.
Per Chianese “Vanno stigmatizzati i tentativi di strumentalizzare la vicenda per cercare di gettare ombre su tutta la Polizia di Stato e su un poliziotto che ha agito con correttezza, avendo lui il dovere di identificare il giovane per le circostanze e non certo per il colore della sua pelle. Si rischia altrimenti che a subire razzismo siano donne e uomini in divisa, sempre nel mirino ad ogni passo”.
“La visione del filmato evidenzia come tutti gli astanti, dediti a riprendere la scena, anziché suggerire al giovane di farsi identificare mostrando i suoi documenti, lo esortavano ad andare via, a disobbedire ai tutori dell’ordine che, nell’esercizio delle loro funzioni, rappresentavano lo Stato. Deve farci riflettere” – conclude il sindacalista – “che ciò non è accaduto in un’estrema periferia degradata, sottoposta al giogo di una qualche mafia e con protagonisti pregiudicati. È accaduto in pieno centro di una ricca città dell’operoso nordest e con protagoniste persone normali: smarrire il senso dello Stato è una deriva che può essere molto pericolosa e che deve essere fermata subito”.