La proroga dello stato di emergenza non è “una torsione autoritaria”, è una misura “legittima e inevitabile perché il virus continua a circolare”. Il premier Giuseppe Conte, in Aula a Palazzo Madama, formalizza la decisione del governo e della maggioranza di prorogare lo stato di emergenza fino al 15 ottobre. In una lunga “arringa” prima del voto del Senato, Conte elenca tutti i presupposti giuridici ed empirici che portano l’esecutivo a tenere quella cornice normativa che permette di intervenire “con tempestività ed efficacia” e di completare quanto finora fatto. Ma il premier non convince le opposizioni. Fi, Lega e Fdi tornano a compattarsi contro la proroga e Matteo Salvini, nel pomeriggio, chiama il presidente Sergio Mattarella per urlare il suo “sconcerto”.
Alla fine il Senato da’ il via libera alla proroga, ma con solo 157, 125 contrari e 3 astenuti, mentre Mattia Crucioli, già in passato in dissenso con il M5S, vota contro il suo gruppo. E votano contro anche due ex M5S, Carlo Martelli e Lelio Ciampolillo. La mozione dell’opposizione viene bocciata ( preclusa e non votata) nella parte che dice no alla proroga ma approvata nella passaggio che chiede il coinvolgimento delle regioni con 281 sì e 3 astenuti.
Conte si presenta a Palazzo Madama dopo aver concordato la proroga in mattinata nel Consiglio dei ministri. Non è il premier, formalmente, ad indicare la data del 15 ottobre, che invece viene scritta nero su bianco in una risoluzione di maggioranza, frutto anche di un compromesso tra la linea più dura, che propendeva per la proroga al 31 ottobre e chi, anche in maggioranza, avrebbe preferito fissarne la fine a fine settembre. Il capo del governo arriva a Palazzo Madama consapevole della trincea dell’opposizione. Anche di quella più dialogante, Forza Italia. “La tenuta del governo sarà avvantaggiata” dallo stato di emergenza sottolinea in Aula Anna Maria Bernini mentre alla Camera, Mariastella Gelmini spiega come la decisione faccia apparire “l’Italia come un Paese malato”. E ad accendere il centrodestra c’è anche la questione migranti, destinata a crescere visto il forte stato di instabilità economica della Tunisia.
Conte, punto per punto, nel suo intervento tenta di confutare le tesi dell’opposizione. “Lo stato di emergenza non dà potere di emanare i Dpcm, che solo una norma di rango primario può dare”, sottolinea il premier difendendo la legittimità giuridica dello stato di emergenza, benché non sia previsto espressamente dalla Costituzione. “Dal 2014 ad oggi è stato dichiarato lo stato di emergenza 150 volte e 84 volte è stato prorogato”, ricorda il premier illustrando le diverse, “necessarie”; conseguenze che ha la misura: dal mantenimento delle ordinanze emanate dalla Protezione al potere di coordinamento affidato allo stesso Borrelli, fino ai poteri straordinari assegnati ai soggetti attuatori, governatori delle Regioni compresi. Tra le misure che perderebbero effetto senza la proroga, “c’è anche il noleggio di navi per la sorveglianza sanitaria dei migranti e non sfugge a nessuno di quanto sia attuale il ricorso a questo strumento”, puntualizza il premier. Non solo. Lo stato di emergenza, spiega il premier, permette anche al commissario Domenico Arcuri di provvedere alle misure straordinarie per la scuola, come l’acquisto dei banchi.
Insomma, per Conte lo stato di emergenza è il presupposto per provvedere con “tempestività ed efficacia”. Anche perché, ricorda più volte il premier, gli effetti del Covid “sono circoscritti e contenuti ma non esauriti”, è la premessa del premier. Ma il suo tentativo va a vuoto. “Conte mente, in una deriva liberticida”, è la stoccata che Giorgia Meloni sferra proprio mentre parla Conte. E Salvini, nel pomeriggio, protesta direttamente con il Quirinale. “Senza emergenza non c’è stato di emergenza”,. attacca il leader della Lega che, da qualche giorno, ha intrapreso una vera e propria crociata “negazionista”. E l’ex vicepremier parla in Aula senza mascherina proprio nel giorno in cui i senatori Questori avviano un’istruttoria sulla conferenza stampa di ieri alla biblioteca di Palazzo Madama, quando il leader leghista si è rifiutato di indossare il dispositivo di protezione. “Parole motivate dall’ideologia”, sottolinea Conte che, cosa quasi mai successa finora, decide di replicare alle opposizioni. Irritato e deluso da una polemica che nel governo non si fatica a definire meramente “strumentale”.