La vicenda delle irregolarità relative agli appalti nelle Forze Armate, riguarda anche i distintivi di grado dell’Esercito Italiano. Questi sarebbero stati prodotti in Cina senza controlli. L’azienda incaricata e vincitrice dell’appalto, si legge nei documenti, «aveva l’obbligo di possedere i macchinari e le attrezzature necessarie, di essere in possesso della certificazione di qualità, di rispettare le normative in materia di sicurezza eco-tossicologica».
Non sarebbe stato però così, in quanto la produzione dei distintivi sarebbe avvenuta tra Cina e Albania, senza controlli e senza analisi di qualità.«Le scatole quelle degli alamari… c’hanno ‘Made in Cina’ fuori… ma se ci mettessimo una etichetta fuori? Se po’ leva’ la scritta ‘Made in Cina’… gliela copriamo, ok»
Questo lo stralcio di una intercettazione presente nell’ordinanza del gip di Roma, nella quale emerge che gli indagati si rifornivano in Cina facendo risultare l’Italia come Paese di fabbricazione della merce.
La truffa ha riguardato la fornitura dei gradi in velcro da appuntare sulla divisa di Carabinieri e Guardia di Finanza (che erano prodotti a Shenzen), i gradi metallici, i cosiddetti ‘tubolari’ e anche una fornitura dei cappelli per gli Alpini.
Oltre al titolare della ditta, e il rappresentante, che avevano anche subappaltato la commessa in modo irregolare, secondo l’accusa ci sarebbe di mezzo un tenente colonnello dell’Esercito, in sevizio presso il comando logistico di Roma, perito incaricato la verifica e del controllo sulla produzione il quale avrebbe omesso di fare analisi e di segnalare l’esistenza di un subappalto con il mercato estero.
Nel mirino degli inquirenti anche la gara per la fornitura dei distintivi in uso all’Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza. Si tratterebbe della stessa ditta produttrice.