L’Odg della Lombardia ha segnalato la giornalista, che risponde dicendo di non aver in alcun modo contribuito a diffondere le generalità del figlio 15enne.
«Quindi: mio figlio dice la sua a Salvini, senza che nessuno sappia chi è. La polizia lo costringe a dire nome e cognome di fronte e telecamere e 100 persone. Alcun siti e la Lega pubblicano nome e video. Io solo dopo spiego cosa è successo e vengo deferita dall’Odg. Geniale».
Selvaggia Lucarelli ha reagito così, su Twitter, alla notizia diffusa ieri sera dall’Agi: la giornalista è stata deferita dal consiglio dell’Ordine Lombardo dei giornalisti al consiglio di disciplina territoriale. Le viene contestato di avere reso possibile l’identificazione di suo figlio minorenne a mezzo stampa, violando la Carta di Treviso, in relazione alla contestazione del ragazzo, quindicenne, nei confronti di Matteo Salvini durante l’iniziativa leghista di domenica scorsa a Milano.
Lucarelli sottolinea che l’articolo da lei pubblicato sul sito Tpi , in cui conferma la presenza e le dichiarazioni del figlio al comizio, è successivo alla catena di eventi che hanno reso riconoscibile l’identità del ragazzo: il 15enne è stato invitato dalla polizia a dare le sue generalità davanti a giornalisti e telecamere dopo che si era rivolto a Matteo Salvini. Il video, con lo scambio con la polizia e le successive dichiarazioni del ragazzo, è stato pubblicato in Rete anche dalla pagina Facebook della Lega. Lo stesso leader della Lega aveva commentato: «Se la mamma ritiene di sfruttare un bimbo di quindici anni per battaglia politica, io non commento. Da giornalista rispetto la carta di Treviso e quindi la tutela dei minorenni. È stata lei a buttare in pasto ai giornali suo figlio».
Mercoledì mattina Lucarelli ha ribadito su Tpi: «Non ho dato esclusive al sito per cui lavoro (Tpi, appunto, ndr), non ho diffuso io la notizia e infatti siamo arrivati per ultimi, per giunta non per dare notizie, ma per spiegarle. Non ho reso io identificabile mio figlio, che poi è la cosa di cui mi accusa l’Ordine dei giornalisti».
fonte corriere.it