Riceviamo e pubblichiamo dalla Segreteria Nazionale e la Presidenza ADP (Autonomi di Polizia)
Abbiamo seguito in questi giorni i fatti, testimoniati da un video, accaduti all’interno del centro di accoglienza di Favara. Fatti che hanno portato, da una parte all’immediata sospensione dal servizio di un ispettore della Polizia di Stato e dall’altra all’apertura di un fascicolo in Procura per “abuso dei mezzi di correzione”, laddove implicitamente, con la definizione di cui all’art.571 del C.P. si offre l’idea evolutiva di una attività (legittima in un certo qual senso e nei limiti di legge) che venga a costituirsi in ipotesi di reato, solo laddove i limiti di questa attività siano superati con un vero e proprio abuso, usando mezzi illeciti come percosse, ingiurie, minacce e procurando danni, lesioni o addirittura in caso estremo la morte.
Sui fatti accaduti, invece, in provincia di Agrigento, sembra apparire evidente, dalle uniche immagini registrate e rese pubbliche, che il clima nel momento in cui è stato girato il video non fosse come troppi hanno cercato di dipingerlo, cioè con tinte estremamente fosche, questo senza voler cercare attenuanti ad una condotta, forse disciplinarmente rilevante che, rivela leggerezza nell’ambito del servizio, tanto da poter risultare un mettersi “volontariamente nelle mani dei media”, per un fatto che va esaminato con serenità ed in un clima di normalità. Occorre ricordare, infatti, che se avesse avuto intenzione e voglia di usare (e abusare) violenza, sarebbe stato molto più facile (e fors’anche legittimo??) farlo nel riprendere e riportare i due soggetti al Centro, cosa che non è invece accaduta evidentemente. Questa è l’origine della “leggerezza del collega” (ci piace definirla così in attesa di ulteriori accertamenti giudiziari), pensare che nel 2020 possa ancora esservi spazio per una situazione esterna e diversa dal rigidamente codificato. Ha così dato modo, nel modo peggiore, alla strumentalizzazione di una situazione da parte di soggetti che usano immagini, espressioni, scritti, per colpire una categoria che sì, può avere qualche isolato problema, ma è fondamentalmente sana con decine di migliaia di uomini onesti che quotidianamente lavorano per garantire un futuro al paese, sotto il manto protettivo della legge ed in difesa dei più deboli.
Per questo, riteniamo sia giusto, che la magistratura apra un inchiesta e chiarisca la reale dinamica dei fatti, per questo riteniamo sia giusto, aprire un’inchiesta disciplinare sul collega, anche solo se fosse per stabilire il grado di superficialità che ha permesso tutto questo. Non riteniamo sia giusto, invece, se dovesse corrispondere al vero quanto affermato dai giornali, che un Questore abbia affermato: “e’ una persona di cui ci vergogniamo e che non ci rende onore”.
Al di là, di ogni qualsivoglia condanna già inflitta, prima ancora che dalla magistratura e da un consiglio di disciplina che, ci auguriamo sia tolto dalla sede di Agrigento considerato il clima di “non imparzialità” che esprimerebbe un eventuale giudizio, dopo tali affermazioni che minerebbero grandemente la imparzialità e la neutralità del consiglio di disciplina nella sua figura terza, in quella sede, ci duole constatare che mai “queste affermazioni così perentorie” si sono ritrovate e fatte sentire in momenti ben più gravi e solenni del nostro recente passato, da parte dei responsabili provinciali o nazionali, laddove la Polizia di Stato ha perso grandemente la propria purezza (perché di questo si tratta..) per la non chiara attività svolta, macchiando la propria immagine in difesa della giustizia e per questo ancora ricordata nei modi più vergognosi e vili in ambito europeo, se non mondiale. Non abbiamo sentito allora (che ce ne era estremo bisogno), come invece ora, parole più nette di condanna, quando le stesse indagini sono agli inizi ed il verdetto è ancora di là da venire, ne sappiamo se ci sarà mai proprio perché trattasi, appunto, di eventuale abuso dei mezzi di correzione e non di altre ipotesi. Nessuno, come noi, è disposto ad accettare il corso di una giustizia “giusta” e non solo sommaria, anche per questo certe espressioni ci appaiono volutamente di parte, assolutamente non terze ed utili solamente ad innalzare il tono della polemica, nel tentativo di blandire la folla dei “soliti noti”, assumendo atteggiamenti compiacenti verso i media.
Se è stato aperto un fascicolo in procura, ne aspetteremo i risultati con fiducia nell’Amministrazione della Giustizia, non ci permetteremmo mai di dubitarne, ben sapendo che, invece, proprio in questi giorni qualche ex-alta figura istituzionale di quel settore, ora sotto osservazione dei media (poco, per la reale gravità della situazione) e della stessa magistratura, affermava invece l’esistenza di un “sistema”, da cui nessuno può dirsi escluso, per le nomine e per il sistema giustizia stesso ed il modo in cui questa giustizia viene esercitata. Questo forse, ledendo ancora di più di quanto mai avesse fatto fino a quel momento, l’immagine di una giustizia “giusta”.
Per questo noi, a differenza di altri soggetti istituzionali, osserviamo il dignitoso silenzio di chi è sempre e comunque dalla parte della legge e la rispetta. Quel rispetto a cui anche il collega ha diritto fino a che non venga provata la sua colpevolezza. Questo, almeno da parte dell’istituzione di cui è parte, il cui unico compito è collaborare all’accertamento della verità insieme all’organo inquirente e null’altro.