Nei mesi invernali pre-Covid a Ceva era andata in scena una protesta nei confronti dell’annuncio relativo alla chiusura del distaccamento di polizia stradale, nell’ambito del riordino del servizio a livello nazionale.
Nelle scorse ore è arrivata la notizia: la polizia non lascerà la città, ma vi resterà in un’altra veste. La caserma, infatti, sarà convertita in ufficio della Questura di Cuneo e lunedì 22 giugno 2020 arriverà direttamente il prefetto Franco Gabrielli in persona a comunicarlo urbi et orbi.
Eppure, non tutti sono contenti. In primis, la minoranza consiliare, capitanata da Fabio Mottinelli (“Una Svolta per Ceva”), che ha affidato a un comunicato stampa la propria linea di pensiero: “Apprendiamo che il presidio della polizia stradale di Ceva non chiuderà, ma verrà convertito in ufficio amministrativo. Sembra una buona notizia, anzi viene pubblicizzata quasi come una vittoria. Tutto questo ha del paradossale, ma d’altra parte viviamo in un territorio, il Cebano, che è stato abituato a vivere, nella realtà, il detto ‘Piuttosto che niente, è meglio piuttosto'”.
“Contro la chiusura del distaccamento del presidio di Ceva – prosegue Mottinelli –, insieme agli altri del Piemonte, si erano mossi, amministratori locali, sindaci, il presidente della Regione Piemonte, consiglieri e assessori regionali di ogni schieramento, parlamentari della Repubblica trasversalmente e moltissimi cittadini. Allora, ci chiediamo: ‘La politica a cosa serve se non ha la capacità di influenzare le scelte di funzionari e dirigenti pubblici?’. Si chiama piano di razionalizzazione della specialità sul territorio, ma poco c’è di razionale in uno Stato che arretra da un territorio. Uno Stato che ambisca a rendere onore al nome stesso di Stato, avrebbe dovuto non solo mantenere i presidi di Polizia Stradale, ma anche potenziarli in termini di uomini e risorse, soprattutto in un territorio, come quello del Cebano, che ha bisogno del presidio costante della viabilità: sono recenti i numerosi incidenti sulla statale 28, nel tratto della val Tanaro, e i problemi legati alla velocità delle moto sulla Pedaggera (provinciale 661 nel tratto Montezemolo-Murazzano)”.
E ancora: “Il Cebano e la Val Tanaro aspettano da 30 anni risposte su infrastrutture strategiche, la viabilità è costantemente in crisi. In un momento in cui si muovono il mondo politico ed economico per sostenere il progetto dell’Armo-Cantarana e della viabilità ordinaria potenziata fra Piemonte e Liguria, la risposta dello Stato qual è? Non eseguire i lavori necessari per la sicurezza stradale e togliere risorse alla polizia stradale nel presidio del territorio. Per non parlare del discorso sicurezza, dove quella dei nostri territori passa attraverso il presidio soprattutto fisico e logistico delle aree meno abitate e attraversate da viabilità ad alta percorrenza, come il nostro, che, infatti, puntualmente e periodicamente viene ‘visitato’ dalla criminalità, soprattutto per quanto riguarda i furti presso abitazioni e attività artigianali. Ancora una volta qualche ‘manager’ usa la mannaia sul territorio senza che la politica assolva il proprio compito: e dire che gli ultimi avvenimenti della pandemia da Covid-19 dovrebbero averci insegnato che riformare l’organizzazione dello Stato guardando solo ai numeri e alle statistiche può portare a tragedie. Ci sono settori in cui uno Stato non deve tenere conto delle statistiche (sicuramente la salute, come abbiamo visto recentemente): la sicurezza è uno di quelli”.
fonte targatocn.it