Un’unghia rotta, ferite da taglio sulle dita delle mani, ematomi e lesioni sul labbro: sono questi gli elementi che gli avvocati Francesca Conte, Francesco Greco, Luisa Metrangolo e Giovanna Greco hanno elencato alla stampa per ribadire, nel corso di una conferenza stampa convocata nello studio legale Conte, la loro verità: Marianna Greco, la cui famiglia rappresentano in tribunale, è stata uccisa.
La 37enne, moglie di un noto imprenditore del Salento – indagato per omicidio volontario – è stata trovata morta il 30 novembre 2014, uccisa da quattro coltellate alla gola sferrate nel letto matrimoniale della sua abitazione di Novoli. Dopo l’iniziale archiviazione del caso, liquidato come suicidio, la Procura di Lecce lo ha riaperto, indagando proprio il marito e disponendo quindi un esame autoptico, che si è svolto esattamente un anno fa, a giugno del 2019. Nessun segno di difesa sul corpo di Marianna, disse il medico legale nominato dalla Procura. Tesi contestata ancora oggi, con forza, dalla difesa dei familiari della 37enne, che hanno nominato un loro consulente.
Questa sostanziale discrepanza fra le conclusioni raggiunte dai due periti e poi la scomparsa della memoria interna all’impianto di videosorveglianza. E, ancora, «la consegna dell’hardware e del dvr di quell’impianto consegnati all’autorità giudiziaria dall’indagato due anni e mezzo dopo la morte di Marianna; il mancato deposito, dopo 13 mesi, degli esiti dell’autopsia e l’aver saputo, che uno dei due consulenti della Procura si sarebbe dimesso, senza averne compreso le ragioni»: sono questi i motivi che hanno spinto il pool legale incaricato dai Greco di fare luce sulla morte della 37enne a convocare la stampa per dirsi «indignato» dall’aver appreso che quella perizia autoptica è stata depositata e che, di nuovo, «nessun segno compatibile con una morte violenta» è stato riscontrato dagli esperti nominati dalla Procura. «Nessuna traccia – scrivono – che lasci ipotizzare un tentativo di difesa».
«Non possiamo che rimanere allibiti – ha commentato l’avvocato Conte – in quanto sembrano invece esserci diversi elementi oggettivi di segno contrario degni di nota quali: ferite da taglio alle dita della mani, ematoma al palmo della mano destra, un’unghia spezzata del dito medio e un labbro superiore lesionato (ferite delle quali gli avvocati forniscono le fotografie, che riteniamo di non poter pubblicare, ndr) che fanno presagire che un tentativo di difesa invece possa esserci stato, ma su questo, meglio di noi, argomenterà il professor Tagliabracci nelle opportune sedi, se e quando potremo avere copia della tanto attesa CTU. A ciò si aggiunga che, ben tre anni dopo la morte, l’indagato ha consegnato un telefonino attraverso il quale assume di poter dimostrare gli eventuali spostamenti effettati il 30 novembre del 2016, giorno della morte di Marianna. Attraverso i nostri consulenti informatici abbiamo già spiegato, e meglio ancora dettaglieremo nelle opportune sedi, l’inutilità (se non la nocività) di questo accertamento tardivo rispetto al momento dei fatti e riguardante un’utenza mai accertata, in illo tempore, essere in uso all’indagato». Il giallo, insomma, sulla morte all’arma bianca di questa donna, si infittisce.
fonte quotidianodipuglia