“C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo.
Non ci riusciranno, sento che, in futuro le mie canzoni
saranno cantate dalle prossime generazioni. Che, grazie
alla comunicazione di massa capiranno che cosa voglio dire
questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale.”
Il Sessantotto è stato, sicuramente uno degli eventi socio-culturali più significativi che ha scosso il nostro Paese. Movimenti e sommovimenti partiti da studenti universitari che nell’autunno del ’67 – con qualche mese di anticipo – hanno occupato le principali città del centro-nord. Un evento che ha diviso l’opinione pubblica tra chi pensava fosse un qualcosa che stava rovinando la società italiana e chi, invece, vedeva in quella contestazione un grandissimo momento di crescita e di consapevolezza civile.
Una cosa è chiara: da quel momento in poi, molte cose cambiarono nettamente. Come il mondo musicale. Si passò dalla classica e radicata canzone melodica tradizionale a un qualcosa che non aveva paura di osare di più, di sperimentare.
Caterina Caselli, Patty Pravo e Renato Zero sono solo alcuni esempi di artisti che hanno dato una nuova voce alla musica italiana. Ma la grande svolta ci fu con Rino Gaetano.
Dagli anni ’70, la figura del cantautore non era più vista come la figura di un menestrello strampalato. Finalmente, la canzone cesserà di esistere come un qualcosa fine a se stesso, per farsi strumento, a tutti gli effetti, di protesta, di ribellione.
Un’arma pericolosa in grado di colpire i punti deboli di molti “mostri”, utilizzando poche cartucce. Da oggetto ludico a potenziale miccia infiammata, collegata ad una bomba devastante.
Rino Gaetano si fece sia miccia che bomba.
Amante del teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, gonfio di un carisma stagnante nelle sue viscere più profonde e, all’apparenza, “giullare di corte”, Rino Gaetano ha sempre utilizzato la sua intelligente ironia come linguaggio per attaccare e denunciare quei “mostri” di cui parlavamo prima.
Antonello Venditti sarà il produttore del suo primo 45 giri I love you Maryanna – un gioco di parole che univa il nome della nonna materna alla marijuana – firmato con il suo pseudonimo dell’epoca Kammamuri’s.
Rino Gaetano odiava definirsi cantautore in quanto convinto di non possedere il “bel canto” e si vedeva più come un semplice autore di canzoni. Vincenzo Micocci disse di quella volta in cui, quando arrivò il momento di incidere il suo primo album, propose di far cantare le sue canzoni ad un suo amico. Fortunatamente, Micocci si mise a ridere e lo scaraventò in studio a registrare.
Ingresso libero fu un grande prodotto artistico, il quale ai tempi non fu metabolizzato come avrebbe meritato e non fu capito da nessuno, né tra le case discografiche né tra il pubblico.
Nonostante tutto, Rino non mollò perché era convinto di ciò che stava facendo ed era sicuro delle sue canzoni.
Rino Gaetano era considerato politicamente e socialmente scorretto: in fondo si trattava del cantastorie di quel Bel Paese sviscerato in Aida e condannato senza censure in quella «fontana chiara un poco dolce un poco amara», nel brano “Fontana Chiara”.
Nelle sue canzoni non salvò nessuno: industriali mafiosi, burocrati sottomessi, funzionari corrotti e così via. Fin da subito, si dimostrò un genio sotto tutti gli aspetti, nonostante in molti si fermassero alla sua apparente aria da burlone.
Rino Gaetano la persona seria proprio non la voleva fare, sebbene tutte le sue canzoni – includendo anche quelle più sperimentali – racchiudono messaggi densi degni della miglior enigmaticità e cantautorato di denuncia.
Dietro quelle “orecchiabili canzonette” Rino lanciava messaggi mirati, che i giovani accoglievano rispecchiandovisi, attaccando borghesia e aristocrazia mettendole in ridicolo.
Si diceva che, in qualche modo, fosse entrato in contatto con il mondo massonico – non in prima persona, ovviamente – ed avesse captato informazioni segrete riguardanti i famigerati “piani alti”.
“Berta filava“è solo un esempio di quella finta ironia, che fa sembrare la canzone molto leggera, quando in realtà porta con sé un significato profondo, che sviscera il compromesso storico tra Enrico Berlinguer e Aldo Moro.
In “Ad esempio a me piace il sud” emerge, invece, una tematica a lui molto cara: l’emigrazione.
Il sud viene descritto come un luogo fatto di tradizioni e fatiche, ma anche di ricordi scaturiti da profumi e da sapori: quelli di un’infanzia e di un’adolescenza durate poco e terminate al nord.
Rino incise la famosissima “Ma il cielo è sempre più blu“: un elenco di parole e frasi che si prendono gioco di un sistema sbagliato e che, su tutte le miserie e i drammi, veglia comunque un cielo sereno. Alcune parti della canzone saranno censurate come “chi tira la bomba e chi nasconde la mano”.
“Mio fratello è figlio unico” viene considerato come il brano più riuscito e funzionale della carriera discografica di Rino. Nell’assurdità dell’espressione, si nasconde un messaggio straordinariamente potente: mio fratello è figlio unico perché è l’emarginato, l’isolato dalla società e lasciato a se stesso.