Bari – Quando era allievo carabiniere, durante l’addestramento nel poligono di tiro di Candelo Massazza, un bossolo gli era esploso accidentalmente in faccia causandogli la rottura del setto nasale e una ipoacusia. Eppure dal 2006 il ministero della Difesa gli aveva rimborsato soltanto 1.000 euro, più o meno il ticket pagato per i due interventi chirurgici subiti. Ma a quasi 15 anni dall’incidente, il Tar di Bari ha stabilito che l’Arma è responsabile di quanto avvenuto come se fosse un datore di lavoro privato: e dunque il militare barese, Nicola Soranno, 35 anni, adesso in servizio nella stazione Cc di Santeramo, andrà risarcito con circa 120mila euro più interessi.
I giudici amministrativi (Prima sezione, presidente Scafuri, estensore Tricarico) hanno infatti accolto il ricorso degli avvocati del militare (Antonio La Scala e Daniela Marzano di Bari), intervenuti dopo che il ministero – pure a seguito della perizia medico legale – non aveva dato corso al risarcimento forse ritenendo sufficiente il rimborso (peraltro parziale) delle spese mediche. Per il Tar di Bari, invece, l’Arma dei carabinieri deve rispondere dell’incidente esattamente come un qualunque altro datore di lavoro: dalle perizie tecniche è infatti emersa la piena conoscenza delle cause dell’incidente, dovute all’utilizzo durante l’esercitazione di munizioni a corta gittata.
«Si evidenziano – ha scritto il Tar riportando le conclusioni dell’inchiesta tecnica dei carabinieri – “le possibili criticità di funzionamento della mitragliatrice MG 42-59 nelle condizioni di impiego poste dall’esercitazione». Nel poligono militare piemontese della Baraggia, che ha una estensione limitata, vengono infatti usate munizioni a gittata corta dotate di una falsa ogiva in plastica che «spesso determina impuntature nell’alimentazione, e sotto l’impulso delle parti in movimento si distacca, costituendo ostruzione temporanea degli spazi di caricamento e determinando conseguenti inceppamenti». In parole povere la cartuccia, montata su un nastro disintegrabile che non è l’originale previsto dal fabbricante, spesso viene «tirata fuori» dalla camera di sparo della mitragliatrice Beretta.
È questo, con ogni probabilità, il motivo per cui nel 2006 il carabiniere barese è stato colpito in faccia dal fondello di un bossolo, finendo prima all’ospedale di Biella e poi al «San Giovanni Battista» di Torino dove la Tac ha evidenziato la perforazione del setto nasale con la presenza di due frammenti di metallo: sono dunque stati necessari due interventi chirurgici, il primo per eliminare le schegge e il secondo per sistemare il naso.
L’incidente è insomma dovuto a una «causa tecnica non infrequente», secondo quanto ha scritto il ministero della Difesa. Ma proprio per questo motivo, secondo il Tar di Bari, è evidente la colpa esclusiva del datore di lavoro, perché il carabiniere ha rispettato le norme in materia di addestramento al tiro rischiando conseguenze ben più gravi.
Il procedimento davanti al Tar è durato quattro anni. I giudici amministrativi hanno escluso la necessità di una consulenza tecnica specifica, perché hanno utilizzato l’entità del danno biologico già stabilita dalla commissione di medicina legale miltare di Caserta, calcolandone il valore economico secondo le tabelle del Tribunale di Milano (diventate ormai lo standard), aggiungendo poi il risarcimento del danno patrimoniale: cioè quanto il carabiniere ha speso per sottoporsi alle cure in ospedale.
«Questa sentenza – dice l’avvocato La Scala – rappresenta una svolta per il riconoscimento delle malattie professionali, da sempre liquidate con equo indennizzo di modico valore. I giudici amministrativi hanno invece riconosciuto il risarcimento del danno biologico in quanto danno alla salute, da cumulare con l’equo indennizzo relativo alle spese sostenute: non a caso la sentenza ha disposto che dal risarcimento venga sottratto quel minimo già percepito, confermando quindi che le due voci di danno sono cumulabili».
fonte lagazzettadelmezzogiorno