Non potrò mai dimenticare quel giorno. A Calimera, paese di origine di Antonio Montinaro, era in corso il Torneo di Calcio del paese che coinvolgeva l’intera comunità. Mentre giocavamo la partita in campo giunse la notizia del vile attentato al Giudice Giovanni Falcone ed alla sua scorta. Sugli spalti tutti a chiedersi se Antonio “pesciolino” era stato coinvolto.
Lo chiamavamo così per via del padre che aveva l’unica pescheria nel paese. Giunsero le conferme, la partita si interruppe, noi giocatori in campo fummo raggelati dalla notizia. Antonio era stato coinvolto nella strage…. vigliacchi!!!
I ricordi si rincorrevano, Antonio era un ragazzo che da subito aveva mostrato il suo interesse per la Polizia di Stato. Più volte, vicino al nostro Bar Margherita mi aveva detto che voleva arruolarsi ed era il suo sogno indossare quella divisa.
Voleva sentirsi realizzato, difendere i deboli era la sua natura. Ed essere diventato il capo scorta del Giudice Falcone per lui rappresentava un sogno realizzato.
Coraggio e paura erano due sentimenti che lo accompagnavano fino al quel fatidico 23 maggio. Una vita spezzata prematuramente, un padre strappato ai suoi figli, un uomo legato ai suoi affetti. Moglie, sorelle, fratello e madre lasciati senza ragione. Nel tempo la giustizia ha fatto il suo corso, ma non potrà ripagare mai al dolore arrecato.
Non vanifichiamo il suo sacrificio e quello di tanti altri uomini di Stato con i nostri comportamenti quotidiani. Dobbiamo avere fiducia nelle Istituzioni e cercare di dimostrare nei fatti di non essere dalla loro parte. La mafia va combattuta ogni giorno perché è capace di utilizzare le nostre debolezze. Non dimentichiamolo mai!