”Oggi, il distanziamento sociale imposto dal buonsenso e dalla legge, la chiusura fisica delle scuole, il divieto di uscire dalle case senza motivi di necessità ed urgenza, sono tutti elementi che stanno quintuplicando la permanenza quotidiana dei nostri giovani nel web e nelle piattaforme social. Il coronavirus è il tema che ha monopolizzato da settimane i contenuti proposti dai canali di comunicazione tradizionali e da quelli creati dalle nuove tecnologie”. E’ l’appello del Gris, Gruppo di Ricerca e Informazione Socio Religiosa sui pericoli che il web puo’ infondere sui ragazzi in un particolare periodo come quello che si sta vivendo. ”Tali dinamiche hanno indubbiamente consentito – spiega Valentino Adriani esperto in sistemi di comunicazione e direttore delle relazioni esterne del Gris – un maggior livello di conoscenza e comprensione della problematica, ma, al contempo, hanno generato anche un elevato livello di stress nelle menti (sia nella sfera razionale che nella sfera emotiva) dovuto ad ansia e tensione. Tale stress determina come manifestazione psicofisica primaria, un restringimento percettivo. In questo processo mentale l’attenzione si focalizza sull’evento primario (Effetto Tunnel) rappresentato dal coronavirus restringendo la percezione di quanto visibile nel campo periferico, ovvero tutti gli altri pericoli già esistenti nella realtà. Oggi, il distanziamento sociale imposto dal buonsenso e dalla legge, la chiusura fisica delle scuole, il divieto di uscire dalle case senza motivi di necessità ed urgenza, sono tutti elementi che stanno quintuplicando la permanenza quotidiana dei nostri giovani nel web e nelle piattaforme social”. All’appello del Gris, si e’ associato il sindacato di Polizia Mosap con il segretario generale Fabio Conesta’: ”raccogliamo l’appello nazionale del Gris rivolto a tutti i genitori per sensibilizzarli sugli attuali pericoli che, ora piu’ che mai, incombono sui nostri figli. Su questo tema – sottolinea Conesta’ – la prevenzione rappresenta un ruolo cruciale perche’ la vittima rimane tale, non esistono sentenze che possano ristorare il ‘danno’ quando si parla di pedopornografia, sexthing, cyberbullismo, siti di pro-suicidio, pro-anoressia e pro-bulimia. Queste – conclude Conesta’ – non sono realtà che concedono una tregua ai vostri figli nel nome del Covid-19!”.