Sono la moglie di un Carabiniere, risultato positivo al coronavirus. Ora che il pericolo è passato, sento il bisogno di dar voce ad almeno qualcuno dei pensieri che hanno affollato la mente nei giorni della quarantena e dei sentimenti che ho provato e che rimarranno parte di me.
Parto dalla percezione che ho avuto del virus, un delinquente ben organizzato che colpisce chi è ignaro, senza guardare in faccia a nessuno. Ecco, spero che questo killer silenzioso venga presto smascherato dai medici, neutralizzato con l’arma del vaccino e che, reso ormai inoffensivo, gli vengano messe le manette ai polsi, magari proprio da chi garantisce l’ordine e il benessere pubblico, come i Carabinieri, l’Onorata Arma, di cui mio marito fa parte.
Ma voglio anche raccontare tutto il bene che è derivato da questo terribile male: mi riferisco alla solidarietà, all’affetto sincero che ci ha circondati, consolati e sostenuti, nei duri giorni dell’isolamento di tutta la famiglia, quando avevamo bisogno di tutto, dalla spesa, alle medicine, a parole di conforto. Tutto questo io, mio marito e nostro figlio lo abbiamo ricevuto in abbondanza, lo abbiamo sentito quotidianamente, nell’amico che portava la spesa, nei Superiori che con premura volevano conoscere le condizioni di salute di un loro militare e non per pura formalità, con atteggiamento distaccato, ma con sincera apprensione e dispiacere, con la sollecitudine di chi davvero apprezza quella persona e fa il tifo perché ne possa uscire indenne. Ecco, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle il concetto di umanità: l’affetto, la partecipazione autentica che tanti hanno dimostrato, ci ha riempito il cuore, ci ha consolato, ci ha sostenuto e dato forza per andare avanti, tenendo duro, senza abbandonarci allo sconforto.
Avrei tanti da ringraziare, medici, amici, parenti vicini e lontani che si sono presi cura di noi. Mi limiterò a ricordarne alcuni: il Comandante della Regione Marche Generale NAZZARO, che la domenica appena avuto notizia della positività al coronavirus di mio marito ha telefonato personalmente per conoscere la sua situazione di salute; al Comandante Provinciale Colonnello CARROZZA, al Colonnello VERNA, Comandante dell’infermeria Regionale che si è ogni giorno voluto sincerare del decorso della malattia e poi, il Comandante e colleghi di reparto sempre disponibili per qualsiasi nostra richiesta. Non posso dimenticare la squisita sensibilità del Capitano della Compagnia Francesca Romana RUBERTO che si è prodigata in ogni modo, facendo sentire la sua costante presenza.
E’ proprio vero che “L’ARMA DEI CARABINIERI E’ UNA GRANDE FAMIGLIA”, noi lo possiamo confermare. E infine, non possiamo non ricordare la premura e la competenza della dottoressa Roberta ANGELUCCI che ha tempestivamente prescritto la cura giusta e così facendo si è evitato che mio marito potesse peggiorare. A tutti voi va il nostro grazie riconoscente per averci fatto capire che – come ha scritto De Andrè “dal letame nascono i fior “. Per noi è stato così: da una situazione di estremo pericolo sono sbocciati dei meravigliosi fiori: quelli dell’affetto, della solidarietà, della stima.