Nulla di più sbagliato.
Ma è così che funziona: i più escono ormai di casa al mattino con il volto scoperto e senza protezioni per le vie aeree, restano in strada a verificare veicoli, persone, attività commerciali senza dispositivi di protezione o con mascherine non più utili. C’è pure chi dentro un commissariato ha attivato una colletta per poterle reperire autonomamente e chi si è affidato ai sarti per farsene cucire qualcuna con un minimo di criterio isolante utile a contrastare gli agenti patogeni.
Dalla periferia al centro (basta un giro per accorgersene) la situazione ha ormai raggiunto un livello critico. Eppure loro, gli agenti, sono tutti in servizio. Così come i medici, gli infermieri, il personale ospedaliero costretti a un’altra prima linea nella quale operano con le dotazioni ormai agli sgoccioli.
Al commissariato Aurelio ci sono 30 mascherine a disposizione, ne servirebbero però altrettante ogni giorno. A Spinaceto – nello stesso presidio dove si è ammalato un vice ispettore – sono rimaste appena 12 mascherine Ffp3 su circa 70 agenti in servizio. A Monteverde i dispositivi sono finiti, ma continuano a lavorare 35 agenti. Al Celio le mascherine sono una decina a fronte di un fabbisogno di 35 pezzi ogni giorno. E così via, su tutta Roma. Negli uffici ormai nessuno le indossa più perché quelle poche che restano devono essere riservate a chi esce e va in strada. Ma i conti non tornano lo stesso. Ai commissariati Esquilino e San Lorenzo le dotazioni sono pari a zero e pure ne servirebbero 30 al giorno.
A Trevi le mascherine servono a coprire il volto della metà degli agenti in servizio: 30 su 65. E lo stesso accade a San Basilio dove per 40 mascherine al giorno ce ne sono appena 20. Critica la situazione anche al commissariato Tuscolano: 8 dispositivi disponibili a fronte di 60 agenti. Non va meglio per la stradale di Roma Sud, il cui personale (34 agenti) può contare 10 mascherine chirurgiche e solo 6 dispositivi Ffp2, né per quella di Settebagni: 35 protezioni totali a fronte di 60 uomini.