Continua il progetto di voler accorpare vari uffici di Polizia tra cui quelli della Frontiera di Trieste, nello specifico l’Ufficio di Polizia di Frontiera Marittima di Trieste con il Settore Terrestre di Trieste.
L’intento è di “ottimizzare le risorse disponibili attraverso l’accorpamento dei rispettivi settori burocratici, con conseguente recupero di unità da destinare ai servizi operativi”.
Nella riunione dei giorni scorsi si è svolta al Dipartimento della P.S. per la riorganizzazione della Polizia delle frontiera, dove si è ribadita la volontà di mettere atto alla modifica, creando un ufficio unico dirigenziale della Polizia di Frontiera Marittima con quella Terrestre.
Una soluzione che non tiene conto delle diversità dei due uffici, uno che opera in ambito extra-Shengen (Polizia di Frontiera Marittima) e uno in territorio Shengen (Polizia di Frontiera Terrestre).
Nessun beneficio sarà apportato da questa rimodulazione, non ci saranno risorse “umane” da poter rimettere sul territorio: qualifiche, età media e competenze così diverse, non lo renderanno possibile.
Ci vuole una maggior attenzione per le problematiche di questo territorio di “frontiera”.
Oggi per poter fare fronte alle sfide legate alla “Rotta balcanica” e allo sviluppo sempre maggiore del Porto di Trieste, serve un implementazione di personale, con numeri importanti e stanziali.
Purtroppo nei progetti “ministeriali”, seppur è previsto un aumento del personale rispetto a quello attuale, il numero programmato rimane comunque al di sotto del piante organiche di un tempo, quando immigrazione, allarme terrorismo e attività portuale sul nostro territorio non erano di questa portata e così importanti.