Chissà se l’Imam Bergoglio o il vescovo Paolo Giulietti si complimenteranno con lui o lo redarguiranno. A don Rodolfo Rossi, tuttavia, parroco della Valfreddana, questo particolare interessa poco o nulla. Con la sua comunità parrocchiale, piccola, ma agguerrita e determinata, ha deciso di organizzare, per il trigesimo della morte del carabiniere massacrato a Roma con 11 coltellate da un giovane americano, una messa il 26 agosto per ricordare sia Mario Cerciello Rega, sia tutti i militari uccisi nell’adempimento del proprio dovere. E la proposta è stata accolta con entusiasmo e comunicata al comando provinciale dell’Arma di Cortile degli Svizzeri. Qui, il colonnello Giuseppe Arcidiacono, ha manifestato il proprio compiacimento per l’iniziativa che avvicina ancora di più la gente comune all’Arma.
“Io amo e stimo l’Arma – esordisce il parroco della Valfreddana sulla via per Camaiore – L’anno scorso 20 carabinieri sono stati uccisi e nel 2019 siamo già a tre. La mia comunità prova le medesime sensazioni nei confronti dei carabinieri e per questo, insieme, abbiamo deciso di ricordare, ad un mese dalla scomparsa, il 26 agosto, il militare ucciso a Roma con 11 coltellate”.
Padre Rossi ha anche letto le polemiche scoppiate per la benda messa sugli occhi dell’assassino e che ha suscitato le reazioni dei buonisti e degli ambienti progressisti e di Sinistra italiani e d’oltreoceano: “Lo scriva. Assolutamente per me quella banda non conta niente, è insignificante. Per me conta il sacrificio di quella persona che ci ha rimesso la pelle”.
“Questo fatto di Roma – continua il parroco – ha suscitato stupore e tristezza e ha colpito molto i miei parrocchiani e io, allora, ho fatto le condoglianze all’Arma e al comandante Arcidiacono. Bisogna fare qualcosa per ricordare i nostri carabinieri, ho pensato. Facciamo una messa in suffragio ad un mese dalla morte e ricordiamo tutti i carabinieri che hanno perso la vita. La mia è una parrocchia piccola, ma il rispetto per i militari è forte perché la gente vuole bene ai carabinieri. Il carabiniere rappresenta una sicurezza e noi vogliamo onorare la memoria”.
Ma don Rodolfo Rossi ha le idee chiare anche in fatto di accoglienza: “Io sono a favore dell’aiuto all’essere umano. Non dico prima gli italiani, dico prima gli esseri umani al di là della religione, del colore della pelle, della provenienza, poi tutto il resto. Sento il bisogno di conoscere bene la realtà da cui provengono e spesso sono situazioni di guerra. Noi italiani si fa presto a fare di tutta un’erba un fascio (non è apologia di reato ndr). Non è così, è un errore che porta odio e razzismo, Io non sono razzista, sono a favore dell’essere umano”.
di Aldo Grandi – Gazzetta di Lucca