Il 6 agosto 1985, intorno alle ore 15, in Viale Croce Rossa 81, a Palermo, veniva assassinato Ninni Cassarà, all’epoca Vice Dirigente della Squadra Mobile e l’agente Roberto Antiochia, mentre rimaneva miracolosamente illeso l’agente Natale Mondo, che venne successivamente assassinato il 14 gennaio del 1988. L’agguato avveniva in coincidenza con uno dei rientri non programmati del Dott. Cassarà nella propria abitazione.
Il Dott. Cassarà era stato trasferito dalla Squadra Mobile di Trapani a quella di Palermo nel gennaio del 1980. Durante la sua permanenza a Trapani, aveva lavorato con il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, anch’egli poi assassinato da Cosa Nostra. Aveva diretto la Sezione “investigativa” con ottimi risultati e, il 21 aprile 1985, promosso a Vice Questore Aggiunto era divenuto capo della Squadra Mobile mentre il Dott. Giuseppe Montana era andato a dirigere la Sezione “Catturandi”.
Il Dott. Cassarà era stato, tra l’altro, coautore del c.d. “rapporto dei 162”, che solo successivamente avrebbe dato il via alle lunghe e laboriose indagini sfociate nel c.d. “maxi processo”.
Ricordo come se fosse ieri, eravamo quasi tutti giovanissimi, poco più che bambini. Mai nessuno indietreggiava di un solo passo, nessuno di noi restava a guardare o si nascondeva, eravamo sempre pronti a lottare per il bene, per la libertà e la giustizia. Eravamo fieri di tutto quello facevamo e di ciò che eravamo.
Eravamo felici, spensierati ma nello stesso tempo consapevoli del nostro incerto futuro, pronti a sacrificare la nostra vita per la Patria. La nostra forza? Lo spirito di gruppo e tanta buona volontà.
Roberto Antiochia era uno dei tanti “piccoli Uomini”, era nato, proprio come me, il 7 giugno 1962. In una calda serata palermitana, in compagnia di altri giovani colleghi, avevamo condiviso e festeggiato i nostri 22 anni. Doveva essere un giorno tranquillo e sereno, fuori dagli schemi quotidiani e invece, come era consuetudine, si finiva per parlare di lavoro, delle nostre paure, delle nostre angosce, dei nostri progetti futuri. Questo per far capire la nostra forza, i valori e lo spirito di servizio che ci contraddistingueva.
Dopo l’omicidio del Dott. Montana, incontrai Roberto sotto la Squadra Mobile. Non doveva essere lì, ma la sua forza e il suo coraggio avevano superato ogni limite di coscienza umana. Era giunto volontariamente a Palermo proprio per collaborare con il Dott. Cassarà, al quale era legato, oltre che da un vincolo professionale anche da una stretta amicizia. Ero rimasto meravigliato nel rivederlo. Abbracciandomi e con le lacrime agli occhi mi sussurrò: “Devo stare accanto a Cassarà, ora come non mai. È rimasto solo e ha bisogno di me, lo devo a lui e lo devo a Montana”. Purtroppo, questa sua voglia di giustizia e questa sua esuberanza lo portarono inconsapevolmente verso un punto di non ritorno.
Il Dott. Cassarà, era per noi l’ennesimo esempio da seguire, sia come uomo che come investigatore: incorruttibile. Trasparente con tutti, mai una parola fuori luogo, con quel suo sorriso sornione, analogo a quello del Dott. Falcone, era sempre pronto a sostenere i suoi Uomini nei momenti difficili e nelle battaglie. Un Uomo onesto al fianco degli onesti.
Ho sempre pensato alla Squadra Mobile di Palermo come un luogo a sé stante. Come una sorta di tempio, un baluardo della legalità e della giustizia, un avamposto, un fortino in terra nemica. Un mondo in cui si celebrano i riti dell’impegno civile, del sacrificio personale, dell’abnegazione ad un ideale supremo e per molti incomprensibile: la lotta alla mafia. Ecco perché eravamo i migliori.
Grazie Dott. Cassarà, grazie Roberto e grazie a tutti gli Uomini della Squadra Mobile di Palermo che si sono sacrificati per amore del prossimo e per aver lasciato un indelebile ricordo del vostro sacrificio e per l’eterna lezione di vita. Siete stati dei veri Uomini, e tu Roberto, come nessuno altro. Hai donato la tua vita per proteggere e servire.